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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2012 alle ore 19:29.

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L'ingorgo dell'agosto 2010, entrando a Pechino da Zhangjiakou, è classificato come il peggiore della storia: durò undici giorni e formò una coda lunga cento chilometri. Ma situazioni analoghe si ripetono sempre più spesso, anche in Occidente. A Nottingham, a giugno, ci sono state quasi cinque ore di perfetta immobilità nella pioggia battente. E non si vedono prospettive di miglioramento, in un mondo dove il numero di automobili circolanti è destinato a crescere da uno a quattro miliardi entro il 2050. Le proiezioni demografiche ci dicono che a quell'epoca il 70% della popolazione mondiale vivrà nelle città. Da qui viene l'appello di Bill Ford, rampollo della famiglia che ha dato inizio a questo incubo: «È arrivato il momento per tutti noi di considerare le quattro ruote nello stesso modo in cui guardiamo ai cellulari, ai laptop o ai tablet, come terminali di una rete molto più ricca e articolata».

Il suo appello segnala la crescente consapevolezza di un mutamento epocale in corso. I tempi potrebbero essere lunghi, come indica la lentezza nella diffusione dell'auto elettrica, ma la strada è segnata: più elettricità, ma soprattutto più connettività. E più umiltà da parte delle case, che dovrebbero smettere di considerare i loro prodotti gli unici padroni della strada, ma solo un tassello adatto a soddisfare alcuni aspetti delle esigenze di mobilità. Il suo Blueprint for Mobility chiede appunto maggiore cooperazione fra le case automobilistiche, i governi e gli operatori telefonici per creare un network di trasporti in cui pedoni, biciclette, auto, e trasporti pubblici facciano parte di un sistema interconnesso. L'assoluta necessità di fluidificare il traffico risulta evidente dall'ondata di micro-veicoli, sempre più piccoli, leggeri e interconnessi, sfornati dall'industria automobilistica.

Bmw, che ha investito 530 milioni per sviluppare una nuova famiglia di veicoli elettrici, ha realizzato la sua attesissima city car i3 in fibra di carbonio e l'ha dotata di tecnologie digitali tali da poter gestire l'intera auto a distanza con uno smartphone. La i3, che verrà commercializzata l'anno prossimo, ha un motore elettrico da 125 kilowatt e una batteria agli ioni di litio, con un'autonomia di 160 chilometri. Malgrado le dimensioni ridotte all'osso, i3 può ospitare nel bagagliaio due iPedelec, le biciclettine elettriche pieghevoli e quindi trasportabili anche su qualsiasi mezzo pubblico. La EN-V, sviluppata da General Electric, è una minuscola due posti elettrica completamente interattiva, che si può anche guidare da sola, senza l'intervento del passeggero. Per ora è solo un prototipo, ma verrà realizzata in Cina, a Tianjin, sotto il marchio Chevrolet dall'anno prossimo. Hiriko è una due posti sviluppata da un consorzio nei Paesi Baschi, a partire dalla city car disegnata dal MediaLab del Mit, che pesa meno di mezza tonnellata, la metà di una Smart, e ha una batteria agli ioni di litio che si ricarica in 12 minuti. I costruttori puntano soprattutto ai servizi pubblici di car-sharing e sono in trattative con Bilbao, Boston e Malmoe: la pre-produzione è già cominciata e la commercializzazione è prevista dal 2013.

Anche la Smart elettrica è stata pensata soprattutto per le esigenze di car-sharing delle grandi città e infatti uno dei suoi principali clienti è Car2Go, la società di Daimler che ha lanciato a San Diego il primo servizio di car-sharing completamente elettrico. Twizy, l'ultima nata elettrica di Renault, una due posti a metà strada fra un'auto e uno scooter, rientra nella stessa categoria delle piccolissime interconnesse: nello spazio di un'auto normale se ne parcheggiano tre. Non male per evitare gli ingorghi.

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