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Questo articolo è stato pubblicato il 19 ottobre 2012 alle ore 08:28.

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Murano resiste a tutto con gli stilisti del vetroMurano resiste a tutto con gli stilisti del vetro

Il futuro va costruito passo dopo passo: «Ma abbiamo un problema di strategia, di progetto. Non possiamo sederci sugli allori e mettere un bollino su una produzione stantia. Se ho un'idea vincente, allora non temo la concorrenza. Se un prodotto giustifica il prezzo che ha, si vende. Abbiamo pagato cara la presunzione di essere gli unici a saper fare il vetro, a essere bravi. Non è così: chi ha iniziato a copiarci oggi sa fare oggetti anche di buona qualità, e a quel punto dalla guerra sul prezzo finiamo sconfitti». Anche perché il costo del personale – altamente specializzato – rimane elevato: in una azienda come quella di Nason arriva al 60%, e «non restano margini per fare marketing, comunicazione. Mettiamoci che il 30% sono costi per l'energia, e il quadro è completo».
In questo quadro, la vicenda degli sgravi fiscali diventa kafkiana: prima concessi, poi – si parla di oltre sei milioni di euro per 500 aziende – chiesti indietro a chi ha solo applicato una legge, e che nel tempo ha chiuso, o si è trasformato. Ora si attende l'ennesimo ricorso e conseguente grado di giudizio, mentre c'è chi fa notare che in caso di sentenza definitiva cambierebbe anche il calcolo delle tasse versate, dei redditi dichiarati, in una vicenda che si avvita su se stessa ormai da anni.

I segnali di rilancio passano da nuove modalità di marketing: a Murano sono arrivati i buyer esteri da India, Cina, Russia, Azerbaijan, Ucraina, Polonia e Svizzera, nel tour fra le eccellenze venete organizzato da Veneto Promozione con Unioncamere. E la scuola del vetro Abate Zanetti – posseduta per un 5% ciascuno da Comune, Camera di commercio e Provincia, e per il resto privata – registra un aumento delle iscrizioni: «Noi facciamo formazione, produzione, design – spiega la presidente Martina Semenzato – Circa 40 studenti al giorno frequentano i nostri corsi; per l'80% sono italiani, anche ragazzi del posto che cercano di costruirsi un mestiere. Abbiamo quattro laboratori per insegnare le diverse lavorazioni». Ma il vero salto di qualità è l'obiettivo di trasformazione in Istituto tecnico: la procedura di accreditamento è in corso.
Anche il consorzio Promovetro – che riunisce oltre l'80% delle aziende del distretto, e le due maggiori associazioni di categoria – prova ad alzare il tiro. «Usiamo ogni strumento, compresi i social network, Facebook, Twitter – dice Luciano Gambaro, presidente – Dopo dieci anni, molti falsi, molte invasioni di campo da parte di chi millantava un'appartenenza e una tradizione non avendo mai visto l'isola, il marchio sta finalmente affermandosi: in tanti ne fanno richiesta, ma la selezione è rigorosa, i requisiti vengono rivalutati ogni tre anni. La verità è che la diffusione di questo sigillo che stabilisce una origine, non una qualità, è rallentata dalla mancanza di risorse». Lo sforzo promozionale ha portato una boa in vetro sormontata da una scultura sul campo di regata dell'America's cup, disputata nei mesi scorsi a Venezia, mentre calice e brocche per l'eucarestia, normalmente fatti di metallo, si sono fatti foglia d'oro e vetro soffiato per la messa celebrata da papa Benedetto XVI a Mestre e trasmessa in mondovisione.

Resta il paradosso di un'isola nella quale, essendone inconsapevoli, è possibile acquistare un pezzo prodotto altrove, magari in Cina, e trovare botteghe di prodotti a un euro che scaricano casse di materiale. Tanto che c'è chi sceglie di diventare un "viaggiatore del vetro" anche per proteggere la propria opera, come il maestro Lino Tagliapietra, classe 1934: «Avevo pensato di aprire uno studio nell'isola, ma tre anni e passa di burocrazia mi hanno scoraggiato. I costi che oggi vengono caricati sulle imprese, anche piccolissime, per proteggere la laguna dall'inquinamento sono enormi: chiediamo se sono serviti, una volta eravamo pieni di giardini, oggi non cresce nulla. All'estero un maestro può firmare e proteggere la propria opera, non è che insegnandola ad altri ne perde il controllo. Chiediamoci perché, e chiediamoci soprattutto che cosa si vuole fare di Murano».

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