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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2012 alle ore 09:13.

Piccole o medie aziende, ma sempre di qualità. La forza dell'agroalimentare piemontese è nell'attività di imprenditori che investono, credono nel proprio lavoro ed in quello dei collaboratori, partono per mercati lontani con la consapevolezza di andare ad offrire prodotti di eccellenza. Ma è anche nella capacità di coniugare terra e industria, agricoltura e marketing.
E allora non ci si può stupire di fronte al successo del gruppo Rivoira che commercializza frutta nel mondo, esportando le mele piemontesi che non hanno la fama mediatica dei prodotti di altre regioni, ma hanno l'apprezzamento dei consumatori. E anche in un periodo di crisi – spiega Michelangelo Rivoira, ad del gruppo di Verzuolo – il giro d'affari continua a crescere: i circa 50 milioni del 2011 saranno superati di poco meno del 10 per cento. Mentre gli addetti del gruppo in due anni sono aumentati di quasi 40 unità e sono ora 180. Una crescita sostenuta da investimenti che proseguono. Rivoira annuncia l'acquisto di un nuovo grande frigo da alcuni milioni, per far fronte all'aumento della produzione di mele piemontesi.
A pochi km di distanza, a Scarnafigi, è la Valgrana a fronteggiare la crisi puntando sul mercato italiano (che rappresenta più del 90% di un giro d'affari superiore ai 40 milioni, in linea con lo scorso anno), «ma pianificando – assicura l'd Alberto Biraghi – una prossima espansione internazionale». Per ora il formaggio piemontese arriva in Francia, in Olanda. Ma Biraghi guarda agli Usa, al Canada, alla Germania. Crescere per aumentare l'occupazione (ora è di 15 addetti). E 18 addetti conta l'azienda vinicola di Bruno Giacosa che esporta il 75% di una produzione che spazia dal Barbaresco al Barolo, dal Roero Arneis al Brut, dal Dolcetto alla Barbera. Bruna Giacosa, la figlia del titolare, sottolinea come il mercato italiano sia in difficoltà, ma aumentano le vendite all'estero, dall'Europa all'America all'Australia, «ma registriamo un crescente interesse della Cina». Mentre in Canavese l'Erbaluce si allea con gli irlandesi di Bord Bia per un'ulteriore espansione.
L'estero è importante anche per la Giuso, azienda alessandrina (di Bistagno) nata nel 1919 come piccolo laboratorio artigianale e diventata ora un'industria di lavorazione della frutta per pasticceria con 60 addetti, un fatturato di 15,5 milioni (+1,5% sul 2010 che aveva registrato una crescita del 10%) con una quota export del 30% e 35 Paesi raggiunti. Frutta candita, confetture e semilavorati di frutta, pasta a base di frutta secca, semilavorati in polvere: tutto realizzato nel nuovo stabilimento che occupa 11mila mq e che dispone di altri 75mila per un'ulteriore espansione. E all'espansione, sui mercati internazionali, crede Lorenzo Ercole, presidente e ad della Saclà che chiuderà il 2012 con un fatturato in leggera crescita rispetto ai 120 milioni dello scorso anno. «Cresciamo – precisa Ercole – grazie all'export che vale ormai più del 50% del fatturato». Dalla Gran Bretagna alla Francia, alla Germania. Ma ora anche gli Stati Uniti. «In realtà – prosegue Ercole – siamo presenti ovunque, grazie a investimenti continui in ricerca che ci permettono di creare 900 ricette nuove ogni anno. E questo consente di tutelare l'occupazione (oltre 200 addetti) anche se in Italia non si fa nulla per tutelare le medie aziende dell'agroindustria».
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