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Questo articolo è stato pubblicato il 05 novembre 2012 alle ore 23:06.

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Lo smaltimento dei rifiuti derivanti dai processi produttivi è una delle maggiori voci di costo delle imprese, oltre a essere uno spreco di risorse potenzialmente riutilizzabili. Gli scarti di lavorazione del legno, della plastica, dei metalli, della pietra o del vetro finiscono solitamente in discarica o vengono inviati alle riciclerie per il tramite dei consorzi di filiera. Ma c'è un modo alternativo di dare nuova vita a questi materiali: la simbiosi industriale.

«Con questo sistema si intende una interconnessione tra processi produttivi grazie alla quale i rifiuti di un'impresa diventano materie prime per un'altra – spiega Vito Albino, ordinario di Innovazione e Project management al Politecnico di Bari – È una strategia che offre importanti vantaggi sotto i profili ambientale e industriale».

Meno rifiuti, minore utilizzo delle risorse naturali, abbattimento dei costi di smaltimento e di trasporto delle materie prime: «La possibilità di cedere ad altre aziende i propri scarti – sostiene Andrea Raggi, docente all'Università di Pescara e studioso di ecologia industriale – è un'opportunità che molte imprese vogliono sfruttare perché i costi per lo smaltimento sono molto elevati: attraverso la simbiosi, e quindi la vendita o lo scambio di questi sottoprodotti, si riesce a trasformare in utili una voce di costo molto onerosa».

Ma affinché la simbiosi funzioni, i diversi sistemi industriali presenti sul territorio devono integrarsi totalmente, non solo dal punto di vista della produzione, ma anche da quello dello smaltimento dei rifiuti. Nel resto d'Europa la simbiosi industriale è un processo conosciuto, sfruttato e sostenuto da tutti gli stakeholder, dalle singole imprese ai governi. In Italia, invece, la strada da fare è ancora lunga, anche se i risultati raggiunti in alcune realtà che hanno sperimentato la simbiosi (in Abruzzo e in Toscana, in primis) sono in linea con le esperienze internazionali più virtuose.

E di questi risultati, dei vantaggi per sistema industriale, collettività e ambiente e di quanto resta ancora da fare, si parlerà l'8 novembre a Ecomondo di Rimini nel corso del convegno a cura dell'Enea, l'ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente, che presenterà un progetto di piattaforma pilota per la simbiosi industriale che verrà realizzata in Sicilia.

«Una delle variabili fondamentali per valutare la fattibilità della simbiosi dal punto di vista economico è la distanza tra il produttore di rifiuti e il potenziale utilizzatore. Se il costo del trasporto degli stessi, e del loro prezzo, è maggiore di quelli dell'acquisto delle materie prime, il sistema non funziona. Per questo – sottolinea Laura Cutaia dell'Enea, tra i responsabili del progetto – è importante lavorare a livello territoriale, creare le basi affinché tutte le realtà produttive presenti in una determinata regione dialoghino, si scambino le informazioni sui loro sottoprodotti e sulle loro necessità e riescano a creare così una rete costante e virtuosa di scambio e riutilizzo degli scarti». Il progetto siciliano, i cui lavori sono cominciati lo scorso anno e che sarà attivo a partire da maggio 2014, prevede che sia proprio l'Enea l'ente deputato a svolgere l'attività di mediazione, mettendo in contatto le imprese partecipanti: attraverso un sito web dedicato, ciascuna azienda comunicherà quali sono i suoi sottoprodotti (siano essi rifiuti, scarti o energia) e quali i propri bisogni di materie prime.

«La novità del nostro progetto - conclude Laura Cutaia – è il sistema di geodifferenziazione che abbiamo sviluppato e che permetterà una mappatura completa del territorio consentendo di raccogliere il maggior numero possibile di informazioni sul sistema produttivo e su quello ambientale». Resta, però, da compiere un ultimo passo, quello dell'adeguamento normativo: uno dei grandi scogli che lo sviluppo della simbiosi industriale si trova davanti è, infatti, l'assenza di regole specifiche per la vendita dei sottoprodotti della produzione, assimilati, invece, ai rifiuti e che quindi non si possono cedere. Un vuoto legislativo la cui copertura potrà dare nuovo slancio anche al sistema economico nazionale.

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