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Questo articolo è stato pubblicato il 08 novembre 2012 alle ore 10:37.

Per fortuna dell'economia pugliese, l'imprenditoria presente sul territorio, viva e competitiva su scala globale, non si ferma all'insediamento Ilva di Taranto, il super-impianto siderurgico la cui vicenda rischia di contrarre Pil e occupazione di una provincia, quella di Taranto, e di un'intera regione. Nel 2011, secondo l'ultimo rapporto della Svimez, il valore aggiunto dell'industria è ammontato a 9,5 miliardi, pari al 17,5% di quello totale regionale, quello dell'industria in senso stretto a 6,8 miliardi e quello delle costruzioni a 2,6 miliardi. Ma, con gli effetti di traino su diversi comparti dei servizi, si può attendibilmente affermare che l'incidenza allargata del valore aggiunto dell'industria si attesti in Puglia almeno a un 30% del valore aggiunto totale.
Inoltre, quello dell'industria in senso stretto, è cresciuto rispetto al 2010 del 2,5%, superiore cioè a quello dell'1,2 dell'Italia, dell'1,1 del Centro Nord e del 2,1% del Sud. E il 2012? Più fonti parlano di prospettive di stabilità per Pil e crescita dell'export (+11,3% nel primo semestre). Dal Gargano all'estrema punta del Salento, continua dunque a macinare utili e garantire posti di lavoro, come probabilmente nessun altro comparto, pur di successo, può garantire. Contribuendo a definire i tratti di una regione che, nelle more della crisi strutturale che ha investito l'intero occidente, continua a esercitare la propria capacità attrattiva su di un contesto già molto ricco di tessuto imprenditoriale endogeno ed esogeno.
L'identikit è facile da tracciare. La grande industria ha attecchito, garantendo negli anni la nascita di un reticolo di medie e piccole imprese comunque solide. Foggia si caratterizza per la forte presenza dell'industria agroalimentare (2.500 addetti), della meccanica (3mila), del turismo e dell'industria estrattiva; la Bat (Barletta-Andra-Trani) per il tessile-abbigliamento-calzaturiero, per l'agroalimentare, l'industria cementiera e per le lavorazioni lapidee (complessivamente 5mila addetti); Bari, soprattutto per l'automotive (5.729 addetti), per l'agroalimentare (7mila), e per le fabbriche del mobile imbottito (3mila); Brindisi, per chimica, energia e aerospazio (complessivamente 7mila addetti); Taranto, oltre che per la siderurgia (11.695 e 4mila nell'indotto), anche per le attività di raffinazione (460, più 600 nell'indotto), per l'aerospazio (850), gli aerogeneratori (800) e per la navalmeccanica (1.525); e Lecce, per la meccanica (complessivamente 4mila addetti), l'agroalimentare, il Tac (tessile-abbigliamento-calzature) di qualità e il turismo.
«C'è un sistema che mi pare funzioni - spiega Angelo Bozzetto, presidente di Confindustria Puglia -: dalla voglia di fare impresa alla qualità della formazione, dal rapporto con l'Università, alle infrastrutture, dalla disponibilità delle amministrazioni locali alla sicurezza del contesto. Siamo abituati al sacrificio e al lavoro, veniamo da una cultura contadina. Ma è chiaro che come sistema delle imprese vogliamo dare il nostro contributo anche per condividere con la cittadinanza le scelte industriali. Forse, per questo nostro modo di essere e fare sistema, rimaniamo competitivi e attrattivi», conclude Bozzetto.
Qualche esempio? Marchi noti sullo scacchiere dell'economia globale che hanno scelto la Puglia per investire aggiungendosi ad altri già presenti: da General Electric a Exxon Mobil, da Fiat all'Eni, alla Sab Miller-Birra Peroni, all'Heineken, e ancora Barilla, Amadori, Cremonini, Cementir, Colacem, Marcegaglia, Sanofi Aventis, Merck Serono, Bridgestone, Bosch, Sorgenia, Transcom, Teleperformance, Telecom, Wind, e Fastweb, Alenia Aermacchi, Nuovo Pignone, Avio e Getrag, per citarne alcuni.
La Porsche engineering, per esempio, ha acquisito la pista della Prototipo di Nardò per potenziarla come grande struttura di collaudo al servizio dell'intera industria automobilistica europea. La Bosch trasferisce dall'Austria alla sua fabbrica di Bari la produzione della pompa a bassa pressione "Zp" perché il sito del capoluogo regionale è ritenuto altamente produttivo; ed anche per la "Om" in dismissione si affaccia la Q-Bell che propone il rilancio dell'impianto che i tedeschi della Kion hanno deciso di chiudere.
E ancora, gli inglesi della Princes food Limited, controllati a loro volta dalla nipponica Mitsubishi, hanno assunto il controllo del modernissimo conservificio di Foggia costruito dal Gruppo AR, annunciando che ne potenzieranno le linee di trasformazione del pomodoro. L'inglese Mdl Marinas, la più grande compagnia europea che gestisce porti turistici, ha definito un accordo con quella locale impegnata sulla struttura di Manfredonia con 750 posti barca per inserirlo nel suo network di porticcioli controllati nel Mediterraneo, offrendo così a coloro che vi acquisteranno lo stazionamento dell'imbarcazione gli stessi servizi dell'intera catena. È un salto di qualità per lo scalo garganico che potrebbe aprire la strada ad altre acquisizioni nella regione; ma è anche l'ennesima dimostrazione che la Puglia con le sue fabbriche, i suoi paesaggi, i suoi siti infrastrutturati ha un appeal cui si guarda all'estero molto di più di quanto noi non immaginiamo.
L'Autorità portuale di Rotterdam, solo dopo il caos-Ilva, intimorita, ha abbandonato l'idea-Taranto (con il suo scalo container) come unico interlocutore nel Mediterraneo. E che dire poi dei grandi gruppi già presenti con loro impianti sul territorio pugliese (tipo Alenia Aermacchi, Nuovo Pignone, Avio, Agusta Westland e Getrag) che hanno presentato alla Regione - che vanta primati nazionali nella qualità e velocità istruttoria dei suoi sistemi di incentivazione - istanza di contratti di programma, ottenendone l'approvazione, per ammodernare e ampliare i loro stabilimenti con piani di investimenti ammissibili ad incentivazione.
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