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Questo articolo è stato pubblicato il 14 novembre 2012 alle ore 08:20.

Mercato delle fiere fiaccato dalla crisi e dai social network? «Esattamente il contrario. La parola d'ordine è bilanciare: pochi grandi eventi internazionali, replicati in differenti e strategiche parti del pianeta. Twitter, facebook e Internet sono essenziali dopo, per mantenere i contatti. Ma il business si inizierà sempre guardandosi negli occhi e stringendosi la mano».
Per Wolfgang Marzin, presidente e Ceo di Messe Frankfurt – la terza società di organizzazione di fiere ed eventi nel mondo dopo Reed Exhibitions and GL Events ma la prima tra quelle che gestiscono anche un proprio polo espositivo, appunto quello di Francoforte – il successo delle esposizioni va di pari passo con la loro capacità di seguire i mercati, lo spostamento del baricentro del business e di «portare i prodotti giusti laddove esiste un effettivo mercato in grado di assorbirli».
Marzin – a Milano nelle scorse settimane, in contemporanea con la firma di adesione della Germania ad Expo 2015 – lo spiega così. «Dal dopoguerra – dice – siamo stati abituati a considerare l'Europa al centro del mondo del business. Ogni Paese ha costruito e moltiplicato centri fieristici e la concorrenza era per lo più tra città, con molte fiere che si sovrapponevano e alcuni grandi eventi contesi, ad esempio, tra Milano e Bologna o tra Francoforte, Colonia o Dusseldorf». Oggi, ha proseguito Marzin, «l'Europa non è più il centro del mondo. Deve imparare a dividere il palcoscenico con la Cina e i mercati emergenti. Oggi non ha senso la concorrenza tra Italia e Germania o tra Francia e Gran Bretagna nell'allestimento di fiere internazionali. Se si afferma una grande evento internazionale in una città europea, questo va replicato a Dubai, in Cina, India, Usa e America Latina. Ovvero nei mercati in cui quei prodotti servono.
Poche grandi "vetrine", in Paesi strategici per arrivare il più possibile ai buyers senza far sì che ogni anno mezzo mondo (con i costi che lievitano) debba raggiungere Londra, Milano o Francoforte». Un orientamento in controtendenza rispetto alle politiche perseguite negli ultimi 20 anni di "moltiplicazione" di poli fieristici a meno di 200 km, che forse hanno rispecchiato più la rivalità tra municipi che una reale esigenza di business. «È stata una tendenza percorsa non solo in Italia, ma anche in Germania – ha sottolineato Marzin –. Oggi però serve una reale programmazione degli eventi».
Messe Frankfurt ha deciso di puntare su poco più di una decina di filoni strategici. Ovvero, nei settori beni di consumo: tessile, automotive, architecture, home technology & security, comunicazione e tempo libero. In pratica, si spazia dai telai alle apparecchiature per il car washing, dalla cartoleria alla cosmesi, dall'utensileria al security & safety, sino alla musica (dagli strumenti musicali alle apparecchiature per teatri e concerti) alla termoidraulica, all'interior designe e ai materiali per l'edilizia. Gli eventi hanno sempre una base europea, non solo a Francoforte, e poi vengono "clonati" soprattutto in Russia, Cina, India e Sudamerica. Un "pacchetto" offerto agli espositori che così possono razionalizzare la propria presenza ad eventi internazionali.
Con numeri che non conoscono crisi apparente. Messe Franfurt gestisce una superficie espositiva totale a Francoforte di 578mila metri quadrati, la cui proprietà è per il 60% del comune di Francoforte e per il 40% del Land Assia. Ha organizzato 100 fiere nel mondo nel 2011, con oltre 67mila espositori e più di 3,5 milioni di visitatori internazionali. È ramificata in 29 filiali, 5 succursali e 48 sales partner attivi in oltre 150 paesi, con un organico che supera le 1.750 unità in tutto il mondo e un fatturato del gruppo di 450 milioni di euro. «Dopo la guerra in Iraq – ha concluso Marzin – le prime fiere organizzate nel Paese sono state quelle dedicate al building e ai materiali di costruzione e all'ospedaliero-sanitario. La sfida di chi organizza fiere deve sempre essere quella di intercettare il bisogno economico di un Paese o di un'area e di tradurlo in occasione di incontro tra domanda e offerta di qualità».
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