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Questo articolo è stato pubblicato il 15 novembre 2012 alle ore 09:18.

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La Valle d'Aosta può costituire un vero laboratorio della green economy e del turismo sostenibile. Non lo è ancora, forse, ma è il futuro auspicabile per questa enclave alpina. Il turismo, a ben vedere, non è mai stato al centro della Vallée. Certo, l'amante della montagna vi ha da sempre un riferimento; le cime oltre i 4mila metri, i sentieri più impegnativi, le piste più agognate. Qui i re d'Italia si recavano alle terme di Saint-Didier e cacciavano nel Gran Paradiso.

Poi arrivarono il turismo di massa, i soggiorni di un mese, le piste per i ceti medi del triangolo industriale. Ma i valdostani non si sono mai curati troppo di attrarre i visitatori. Con la specificità alpina e autonomista, la regione era pienamente integrata negli assetti del Nord-Ovest, ai margini, ma dentro il fordismo. L'industria era principale fonte di benessere, con energia e acciaio (la Cogne aveva 7mila dipendenti in una regione di 100mila abitanti).

La prossimità a Torino, Milano e Genova assicurava un bacino certo di visitatori e proprietari di (troppe) seconde case. Il capitale immobiliare edificava nei poli del turismo invernale, come Cervinia e Courmayeur. Dove non arrivavano i privati, interveniva la regione, ripianando i debiti dei centri minori, assorbendo le eccedenze di manodopera, finanziando generosamente le imprese. Un modello insostenibile; è un buon segnale, oggi, la consapevolezza della necessità di cambiare abitudini.

La Cogne è divenuta una medio-grande impresa proiettata nel mondo, che ad Aosta ha ancora più di mille dipendenti. Sono cresciute Pmi, produzioni agroalimentari e vinicole apprezzate. E l'offerta turistica, a macchia di leopardo, sembra aprirsi ad un modello di turismo delle esperienze, dove non si attende passivamente il visitatore, ma si punta a mobilitarlo.

Oggi sono richieste esperienze e "motivazioni", i soggiorni brevi hanno sostituito la villeggiatura, la domanda si struttura intorno a nicchie, tribù, pratiche specializzate. Per quanto la Valle d'Aosta sconti un relativo ritardo nel diversificare l'offerta e destagionalizzare i flussi, la via intrapresa sembra pagare. In un periodo difficile per il turismo italiano, il 2011 e l'ultima estate (+4,37%) si sono chiusi con una crescita di arrivi e presenze, trainata dagli stranieri e un importante contributo della componente nazionale. Numeri che seguono anni di contrazione e che suggeriscono che la Valle d'Aosta, forse, ha svoltato.

bonomi@aaster.it

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