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Questo articolo è stato pubblicato il 15 novembre 2012 alle ore 09:19.

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Michela Pirovano, presidente di Confindustria VdaMichela Pirovano, presidente di Confindustria Vda

Scommettere su green economy e internazionalizzazione come inevitabile exit strategy dalla crisi per la Valle d'Aosta. A suggerirlo è una ricerca della Chambre Valdôtaine, guidata da Nicola Rosset. Da un lato, dunque, le potenzialità della svolta green, dall'altro, però, le difficoltà dell'export, con un rallentamento delle esportazioni del 12% emerso nel primo semestre dell'anno.

Lo studio, coordinato da Massimo Lévêque e realizzato in collaborazione con il Centro studi di Slow Food, la Fondazione impresa di Mestre e con l'Università della Valle d'Aosta, ha analizzato nel dettaglio un ambito che va in controtendenza rispetto all'attuale difficile momento economico. In base a questo studio, le aziende potenzialmente green in Valle d'Aosta sono 6.772 su 12.286, in sostanza il 55% del totale, 21.300 gli addetti su 42.650 (il 50%) e un indotto di 56.300 occupati, con oltre 1 miliardo di valore aggiunto (37% del valore aggiunto delle imprese). Nei settori coinvolti – dall'agricoltura al settore alberghiero, alla manifattura – la produttività media per addetto risulta inferiore rispetto alla media regionale. Segno che ci sono significativi margini di crescita. Se poi si utilizza l'indice di green economy elaborato dalla Fondazione impresa, la Valle d'Aosta risulta seconda soltanto al Trentino-Alto Adige.

I punti di forza della regione sono l'alta produzione di energia da fonti rinnovabili, la diffusione di allevamenti biologici che possono fungere da traino per l'intera industria agro-alimentare, l'ampio utilizzo della detrazione fiscale del 55% nelle ristrutturazioni. Su alcuni indicatori, invece, la Valle d'Aosta presenta performance migliorabili, in particolare per quanto riguarda mobilità, gestione dei rifiuti e turismo. La criticità maggiore, però, è costituita da una presenza di politiche green a macchia di leopardo.

Ma torniamo all'internazionalizzazione: secondo i dati dell'ultima indagine previsionale di Confindustria, le attese sugli ordini dall'estero fanno registrare anche per il quarto trimestre dell'anno un valore negativo del 25%. L'export valdostano, che vale 313 milioni nel primo semestre dell'anno, nonostante un rallentamento nel suo complesso tiene. «Internazionalizzarsi – spiega la presidente di Confindustria, Monica Pirovano – non è solo un'opportunità, è soprattutto una necessità anche se molti sono gli ostacoli, a partire dall'accesso al credito e dalle difficoltà che incontrano le Pmi, che da sole non riescono ad inserirsi in un mercato sempre più globalizzato e ipercompetitivo». Con l'obiettivo di favorire il processo di internazionalizzazione e di aggregazione delle imprese la sezione valdostana di Confindustria è impegnata su due fronti.

«Da un lato – spiega Pirovano – collaboriamo con Sace per far conoscere i prodotti che favoriscono l'accesso al credito e assicurano i rischi di mancato pagamento. Dall'altro, proseguiamo il nostro sforzo per favorire la creazione di aggregazioni tra imprenditori disponibili a organizzarsi con un profilo nuovo, in grado di abbattere l'eventuale "deficit" di dimensione, facendo massa critica all'estero ed elevando la capacità di innovazione. Tema difficili da affrontare nel contesto valdostano, tanto che siamo l'unica regione a non avere contratti di rete». L'assessore alle Attività produttive, Ennio Pastoret, denuncia come questo tipo di aiuti abbia risentito «delle drastiche imposizioni governative di taglio della spesa». In effetti, nell'arco di un triennio, si è passati da 804mila a 397mila euro.

«L'assessorato – aggiunge – ha, comunque, individuato un percorso che permettesse di mantenere attive le politiche di investimento messe in campo fino ad oggi». «Da sempre siamo impegnati con i nostri prodotti nel sostenere le piccole e microimprese valdostane»: lo ribadisce Marco Linty, da pochi mesi alla guida della Bcc Valdostana, che nel primo semestre ha visto crescere la raccolta diretta del 4,8% (552 milioni) con una diminuzione degli impieghi minima (0,33%), fermi a 458 milioni.

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