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Questo articolo è stato pubblicato il 21 novembre 2012 alle ore 17:40.

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La sede del Consiglio regionale della CalabriaLa sede del Consiglio regionale della Calabria

Una marea di soldi in entrata, un fiume in uscita ma alla fine di questo vorticoso flusso di denaro la Calabria resta comunque a secco, vincolata com'è da troppi lacci e troppi oneri. Quest'anno la Regione - attraverso la quale passano le strategie di sviluppo economico e sociale – ha iscritto in cassa entrate per oltre 14 miliardi. E' come se da ogni residente calabrese, neonato o anziano, piovessero 7.019 euro.

Nel bilancio della spesa la previsione di cassa è invece di 12,1 miliardi, pari a 6.025 euro pro-capite. Anche se spostassimo il ragionamento dalla cassa (le entrate che effettivamente saranno incamerate e le spese che verranno liquidate) alla competenza (l'ammontare delle spese che la Regione prevede di dover pagare e delle entrate che prevede di poter riscuotere nell'anno di riferimento), il discorso cambierebbe pochissimo.

Nel difficile equilibrio tra dare e avere la Regione è costretta a indirizzare la gran parte delle risorse ai servizi alla persona: oltre 4,1 miliardi, che diventano 5,3 se si legge la previsione di competenza (4,9 miliardi) alla quale vanno sommati i 351,5 milioni di residui passivi. La Calabria non fa dunque eccezione rispetto al resto del Sud e come dice Mario Maiolo, consigliere regionale del Pd ed ex assessore regionale alla Programmazione, «la Regione si conferma una grande Asl».

Almeno si vedessero i benefici, verrebbe da dire, visto che la sanità è commissariata e resta in mano ai soliti noti che l'hanno condotta in una situazione di prostrazione continua. Non solo. Dalla sanità potrebbero presto arrivare nuove "bombe" sul bilancio regionale visto che due giorni fa il direttore generale dell'Asp 5 di Reggio Calabria, Renato Carullo, ha detto «che non è quantificabile il debito dell'Azienda sanitaria». Già nel passato il generale Massimo Cetola, commissario della stessa Asp dopo lo scioglimento per mafia, aveva calcolato il debito fuori bilancio a 500 milioni, di cui solo una minima parte ad oggi certificata e iscritta a bilancio.

Per lo sviluppo resta poco: appena 1,6 miliardi iscritti nella spesa, che anche se si volesse considerare il criterio della competenza sommata ai residui passivi, diventerebbero poco più di due miliardi. Giacomo Mancini, assessore regionale al Bilancio non si nasconde e affronta il problema. «L'importo per lo sviluppo economico non può essere considerato basso anche in percentuale. Il problema è però che la Calabria non è messa nelle condizioni di spendere queste risorse. Gli obiettivi imposti dalle regole del Patto di stabilità, infatti, ci consentono di spendere nel 2012, al netto della sanità, solo 1,1 miliardi. Se la Ue e il Governo non consentiranno di detrarre dal Patto le spese per gli investimenti non sarà possibile invertire la rotta. Ecco perché abbiamo chiesto al Governo l'intera nettizzazione dei fondi comunitari».

Anche Maiolo punta il dito contro il Patto di stabilità ma va oltre. «C'è il condizionamento di un Patto di stabilità che viola l'autonomia regionale. La non efficiente organizzazione amministrativa è poi decisamente condizionata da una normativa sugli appalti eccessivamente complessa, iter amministrativi lunghi e ripetitivi che favoriscono la corruzione, da una normativa, cosiddetta antimafia, che non realizza un reale argine alle infiltrazioni, ma che innesca tortuosi intrecci che finiscono per consentire le infiltrazioni e rallentare la realizzazione dei lavori».

Oltre va anche Franco Laratta, deputato del Pd, che picchia duro: «Alla Regione si sta replicando il comportamento contabile adottato a Reggio Calabria. Nessuno vuole minimizzare i tagli del federalismo ma usare le problematiche del Patto di stabilità certamente gravi e reali per mascherare la situazione è poco responsabile. La ragioneria regionale ha enormi problemi di cassa ed infatti opera a pieno regime solo tre mesi all'anno. Il problema non è la liquidità in sé ma una situazione ormai esplosiva che si sta determinando. Il Patto limita alcune spese ma ormai la Regione ha un carico di oneri che viene appesantito sempre di più».

Per la regione le risorse Ue costituiscono un grande polmone finanziario. In termini di cassa (comprendendo i residui attivi) i fondi per la spesa comunitaria quest'anno valgono 2,5 miliardi. «Non pochi, quindi», commenta Mancini, che indirizza il ragionamento sulla qualità della spesa, tasto dolente per il Sud. «In due anni abbiamo avviato più di 100 nuove procedure attuative - spiega - mobilizzando risorse per più di 1,7 miliardi. Abbiamo riavviato interventi, quali i programmi per lo sviluppo delle aree urbane e di sviluppo locale, ereditate dalla precedente amministrazione, che abbiamo disincagliato da procedure troppo complesse. Abbiamo notificato alla Commissione europea i grandi progetti infrastrutturali (metropolitana di Catanzaro e di Cosenza, Nuova aerostazione di Lamezia Terme, III lotto della Gallico-Gambarie). Abbiamo approvato tutti i piani per la valorizzazione dei beni culturali e, infine, con il concerto del Governo, stiamo per notificare alla Commissione europea un grande intervento di infrastrutturazione digitale da 130 milioni che contribuirà a portare la banda ultra-larga ad almeno il 50% della popolazione calabrese. Una mole di lavoro impressionante della quale, a causa dei vincoli del Patto, non possiamo raccogliere appieno i risultati».

L'impegno stride con la lentezza della spesa certificata. Lo stato di avanzamento al 31 ottobre, per la Calabria oscilla tra 18,9% (fondi Fesr) e 32,4% (Fse), tra i valori più bassi d'Italia. «La eccessiva dipendenza dalla programmazione Ue e dai trasferimenti dello Stato, oltre il 40% delle entrate - spiega Maiolo - mostra un sistema di finanza locale bloccato, in cui l'applicazione dei vincoli del Patto di stabilità mette a rischio l'economia locale, in Calabria fortemente dipendente dalla spesa pubblica, con tempi sui pagamenti che si dilatano senza limiti». Lacci e oneri che altrove sarebbero gravi. In Calabria – dove economia e società sono allo stremo – diventano cappi mortali.

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