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Questo articolo è stato pubblicato il 22 novembre 2012 alle ore 19:17.

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Esistono però anche delle debolezze sottostimate negli Usa. Per la prima volta nella loro storia gli Stati Uniti infatti sperimentano una consistente emigrazione verso l'estero: dalle 58mila persone nel 2008 al mezzo milione del 2011.

«Si tratta soprattutto di giovani senza lavoro che vanno verso il Canada, l'Australia e il Regno Unito – ha spiegato Deaglio - ma anche di persone verso la fine del ciclo lavorativo o appena andate in pensione, che emigrano verso i paesi dell'America latina per mantenere il proprio tenore di vita». Altri due dati negativi per il sistema Usa sono la crisi il tasso di natalità, sceso dello 0,5 per mille (pari a 125mila nati in meno all'anno) e l'aumento del tasso di mortalità, salito dall'8,25 all'8,40 per mille, probabilmente a causa delle carenze finanziarie per accedere al sistema sanitario. Quattro anni di espansione del bilancio pubblico e due massicce manovre di "quantitative easing", che hanno triplicato la base monetaria, non hanno risolto il problema della crisi Usa. Né può bastare il piccolo miglioramento registrato nell'indice di avvio delle nuove costruzioni: posto pari a 100 nell'anno 2000 e salito a 140 nel 2006, era crollato fino a 40 nel 2008, per rimbalzare ora a quota 42.
Per quanto riguarda in particolare l'Italia, dal 2007 siamo scivolati all'ultimo posto tra i Paesi del G-7 nella percentuale di crescita del Pil. Una situazione che, secondo le stime dell'Fmi, sarà confermata fino al 2017, anno in cui l'Italia, unica fra le maggiori nazioni industrializzate, sarà ancora al di sotto dei livelli pre-crisi. Presentando il rapporto, Deaglio ha preso a prestito l'immagine della nave Costa Concordia, riversa sul fianco al largo dell'isola del Giglio, per rappresentare l'economia italiana incagliata "più per la debolezza del sistema, che per problemi tecnici".

Dopo il +1,5% fatto segnare in media dal Pil italiano nel decennio 1990-2000, si é passati al +1% del periodo 2001-2007. La crisi ci ha visti scivolare a -0,9% tra il 2008 e il 2012, mentre per l'arco di tempo che va dal 2013 al 2017 le previsioni sono per un +0,6%, che non sarà sufficiente nemmeno per tornare ai livelli di dieci anni prima.
Il Governo Monti «è entrato in carica con un'ipoteca internazionale e ha centrato gli obiettivi di finanza pubblica, ma quando finirà il mandato sarà necessario proseguire il suo percorso»: così ha risposto l'economista Mario Deaglio a una domanda nell'incontro con la stampa.
«Se invece con la prossima legislatura si azzera tutto quello che è stato fatto, si dovrà ripartire daccapo, anche dallo spread dei titoli di Stato. E se si abbandona questa linea, si sarà poi costretti a riprenderla rapidamente: così infatti è accaduto dopo le elezioni in Portogallo e in Irlanda (con più successo a Dublino che a Lisbona), nonostante il cambio della maggioranza politica».

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