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Questo articolo è stato pubblicato il 12 gennaio 2013 alle ore 18:02.

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Chi non risponderà all'impegno patirà. Chi saprà assecondarlo potrà cavalcare immensi business.
Ed ecco più nei dettagli lo scenario disegnato dallo studio Wef-Accenture, con relativo warning per il nostro Paese, a cui è assegnato un punteggio globale EAPI di 0.58.
Italia preda di una dipendenza record dall'import di fonti energetiche (oltre l'80%). Di un quadro normativo ondivago e inaffidabile nel tempo, croniche ostilità amministrative a ogni nuova infrastruttura. I nostri guasti pesano eccome. Tant'è che nel macro-indice di sviluppo e crescita siamo davvero indietro, con un punteggio di 0.48.
Poco ci consola il fatto che lo studio misura i progressi, assegnando un implicito vantaggio proporzionale ai paesi più arretrati che stanno recuperando.

Più veloci di noi nello sviluppo energetico sono paesi assai avanzati come il Giappone e la Germania, che possono vantare su questo versante un indice di 0.60. E poco ci consola la drammatica arretratezza a cui non riesce a sottrarsi neanche chi ha immense risorse naturali, come la Libia con il suo sconfortante punteggio di 0.35.
A contribuire alla nostra imbarazzante posizione in classifica è, un po' a sorpresa, anche il tasso di sostenibilità ambientale del nostro sviluppo energetico, che segna un punteggio di 0.53 nonostante la vivace corsa alle energie rinnovabili dell'ultimo decennio, contrassegnata da salassi economici con micidiale aggravi sulle bollette dei consumatori, che hanno ingrassato soprattutto le industrie estere delle apparecchiature verdi.

Consoliamoci con il fatto che peggio di noi non hanno fatto solamente gli Stati Uniti, ai quali è assegnato un imbarazzante punteggio di 0.34, ma anche l'Australia con 0.36 (che però ci supera nell'indice globale, con 0.61) mentre un non certo brillante 0.43 viene assegnato alla prorompente e ipertecnologica Corea.
Nel terzo parametro, ovvero la sicurezza e la facilità di accesso l'energia l'Italia non è messa così male, con un punteggio di 0.72. Anche se come noi sono piazzati paesi come l'Uruguay e il Costarica. Nel vecchio continente ci superano comunque l'Ungheria con 0.76, la Slovacchia con 0.78 e perfino il Portogallo con 0.75, mentre la Germania è a 0.79.

Anni luce rispetto alla Norvegia a cui è assegnato un eccellente 0.95 sul versante della sicurezza e dell'accesso all'energia, con il primo posto assoluto nell'indice globale «poiché in grado di unire una forte e stabile politica energetica, una grande facilità di accesso alle risorse con costi relativamente bassi e buoni livelli di crescita aggregata e sviluppo dell'energia pulita».

Consigli per far meglio? Molti sono espliciti e conseguenziali all'analisi: diversificazione delle fonti, rafforzamento delle infrastrutture (interne e di scambio con l'estero) dove serve e non dove è più facile operare, promozione dell'efficienza energetica per ottenere il triplo risultato di un'energia meno cara, tutela dell'ambiente e promozione dell'innovazione. Ma ecco anche un consiglio implicito, che viene dalle valutazioni numerico-analitiche: non trascurare l'energia nucleare, visto che l'atomo dà il 12% di energia ai primi dieci classificati nel ranking della bontà energetica mondiale stilato nello studio, esattamente il doppio di quel che regala alla media dei paesi analizzati.

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