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Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2013 alle ore 21:07.

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Un anno difficile si è chiuso per le fiere italiane e un altro si è aperto con mille incognite. Il Comitato fiere industria, l'Agenzia di Confindustria, disegna un quadro in grigio: al netto di mostre biennali e triennali, nel 2012 espositori e visitatori italiani degli eventi promossi da Cfi hanno segnato un calo, rispettivamente, del 6% e del 12%, mentre espositori e visitatori esteri sono aumentati del 3% e del 2 per cento.

Alla fine gli spazi netti espositivi si sono ridotti del 4 per cento. «Il mercato italiano – sostiene Gian Domenico Auricchio, presidente di Cfi – rimane interessante per gli operatori esteri ma la crisi, partita dal 2008, rende più difficile per le nostre aziende l'acquisto degli spazi espositivi. E questo spiega il calo costante». Tanto che oggi diversi quartieri appaiono strutturalmente sovradimensionati rispetto alla domanda: oggi crescite e profitti li realizzano soprattutto gli organizzatori internazionali (privi di quartieri).

Secondo una stima del Cermes Bocconi, nel 2015 il mercato fieristico dovrebbe recuperare, in metri quadrati venduti, un gap del 13% rispetto al 2007; mentre i prezzi sarebbero superiori di appena il 5% (ma vanno depurati da 8 anni d'inflazione). E per il 2013? «Non dovremmo discostarci dai risultati del 2012 – conclude Auricchio – anche se a livello internazionale ci sono previsioni più ottimistiche, specialmente nelle Americhe e nell'area dell'Asia Pacifico».

Per fortuna le grandi fiere internazionali che si svolgono in Italia (da I Saloni a Cersaie da Vinitaly a Cosmoprof) continuano a manifestare una tenuta e un appeal incoraggiante ma, da tempo, la partita si è trasferita sullo scacchiere internazionale. Esportare gli eventi di successo (anche in partnership) e/o acquisire organizzatori esteri è una mossa strategica sia per garantire alle nostre Pmi una piattaforma internazionale sia per sostenere gli stessi quartieri fieristici, fiaccati dalla crisi italiana.

E i risultati si vedono: nel 2013 le fiere all'estero realizzate da Milano, Bologna, Verona, Vicenza e Parma saranno 82, con un aumento del 41% rispetto al 2011. I Paesi interessati sono 13 (tra cui Cina, India, Usa, Brasile, Russia) e le merceologie 19, fra cui quelle tipiche del made in Italy: fashion-pelle, food & wine, calzature, edilizia-lapidei, cosmetica, meccanica.

Solo Fiera Milano di eventi all'estero ne organizza una sessantina, soprattutto nei Brics. E dopo la partnership con i calzaturieri per esportare il Micam in Cina, l'ad Enrico Pazzali sta lavorando su un dossier del fashion sull'asse Fiera Milano-Pitti Immagine-Stati Uniti. Insomma il processo d'internazionalizzazione del gigante italiano va avanti, anche se il management vorrebbe imprimere un deciso cambio di marcia: dovrà, però, attendere in primavera gli orientamenti del nuovo consiglio generale della Fondazione Fiera Milano (che dipende dalle prossime, incerte, elezioni regionali).

Quest'anno Bologna organizzerà 11 manifestazioni all'estero mentre Verona ne ha in calendario quindici. «Crisi o no – interviene Ettore Riello, presidente di Veronafiere – dove ci sono investimenti, innovazione e gestione diretta delle manifestazioni si ottengono risultati positivi e crescita». Dopo l'acquisizione della brasiliana M&M, Veronafiere ha varato un aumento di capitale di 15 milioni (che amplia la leva finanziaria) e ora «consolideremo – osserva il dg Giovanni Mantovani – la partecipazione in Brasile aprendo a una partnership con un grande operatore nordamericano delle costruzioni. Ma in agenda ci sono anche un paio d'interventi tra Usa e Asia per sviluppare eventi nel wine & food».

» 2. La manifattura ha bisogno di vetrine più moderne

Documenti:

» Le manifestazioni fieristiche eccellenti

» I quartieri fieristici in Italia

» I 37 quartieri fieristici monitorati da Leanus

» La mappa delle fiere italiane all'estero

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