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Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2013 alle ore 21:07.

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A causa della contrazione di consumi e investimenti in Italia, nel biennio 2012-2013 l'imperativo per il nostro sistema industriale continua a essere la crescita delle esportazioni e il radicamento nei mercati esteri più ricettivi e affluenti. Poiché per espandere l'export si devono affrontare mercati lontani e comunque extra Ue, il sistema economico italiano - costituito prioritariamente da imprese di piccole e medie dimensioni - necessita più che mai di un sistema di promozione efficace e globale.

Nonostante le aspettative, anche il 2012 è trascorso invano e al momento il quadro si caratterizza per poche luci e molte ombre. La novità principale è costituita dall'attivismo dei principali quartieri fieristici italiani per sviluppare significativamente l'organizzazione di eventi all'estero. Nel 2013 sono un'ottantina le fiere previste in una decina di paesi esteri di quattro continenti: il doppio di quanto registrato nel 2010. Nel frattempo, il sistema delle associazioni di categoria continua, tramite le proprie società di servizi, la consolidata attività di organizzazione di fiere in Italia e di missioni commerciali all'estero.

Si conferma, invece, la carenza d'indirizzo e di operatività del sistema pubblico: l'iter formale per la costituzione della nuova Agenzia per la promozione (ex Ice) si è concluso solo nei giorni scorsi mentre la definizione di ruoli e competenze in materia che sul versante pubblico dovrà coinvolgere almeno due ministeri, le regioni e il sistema delle camere di commercio è di là da venire; il quadro è aggravato dalla ormai cronica carenza di risorse economiche e dalla perdurante assenza di linee guida di politica industriale nazionale.

Se nell'Unione europea la regione Italia vuol conservare il secondo posto come industria manifatturiera e il primato come polo turistico, è cruciale definire un progetto organico che aggiorni anche il sistema fieristico nazionale in modo da non arretrare troppo rispetto al più performante concorrente tedesco. Infatti, il mondo degli scambi evolve rapidamente dimensioni e regole del gioco: fiere di nuova generazione possono essere strumento di sviluppo delle relazioni economiche essenziale per il buon andamento dell'intero Sistema Paese.

In proposito i primari quartieri tedeschi sono da studiare con cura, soprattutto per quanto riguarda il modo di proiettarsi sui mercati più dinamici. Anziché intestardirsi nella riproposizione di schemi espositivi e di appuntamenti che la domanda internazionale non apprezza più; occorre darsi con coraggio un sistema complessivo di promozione che torni ad anticipare in modo originale le aspettative dei mercati, come sperimentato con successo fino a un paio di lustri fa.

In Italia si contano oltre 60 strutture immobiliari definite fiere. Il 72% dei ricavi è prodotto dai cinque maggiori quartieri. La gran parte delle restanti stenta a mantenere un ruolo significativo nel mercato nazionale o addirittura, in alcuni casi, traguarda la trasformazione del patrimonio immobiliare in attività non fieristiche. Per le cinque maggiori strutture è da auspicare la definizione di una politica settoriale che persegua nuovi obiettivi di attività rispondenti alle prospettive dei mercati.

In un contesto di concorrenza mondiale i settori primari per la nostra economia (per esempio, agro-alimentare, architettura/edilizia, arredamento/design, macchine strumentali, meccanica, moda) devono realizzare un solo evento tematico di reale portata internazionale in Italia, a cui affiancare road show in alcuni mercati di riferimento per promuovere al contempo l'offerta delle imprese, della fiera italiana di riferimento e del sistema Paese.

Per merceologie meno identitarie, l'opzione di aggiungere fiere all'estero presenta forti rischi di svuotare d'interesse l'evento in Italia senza creare ricavi, diretti e indiretti, almeno pari a quelli generati in passato dalla fiera madre. Le società fieristiche sono a tutti gli effetti imprese con vincoli di bilancio identici a quelli dei loro espositori: le iniziative aggiuntive rispetto al core business si giustificano solo a fronte di ritorni adeguati. L'internazionalizzazione pone vincoli severi non adatti a tutte le imprese; in alternativa si può recuperare investendo sull'efficienza gestionale.

Le linee d'azione sono plurime e non banali; riguardano le dimensioni e le caratteristiche del quartiere (accessibilità fisica, interconnettività, mobilità di persone e merci, sicurezza, ristorazione, qualità dei servizi in genere), le tecniche di promozione e comunicazione (ad esempio la certificazione dei dati è un obiettivo - meglio per chi l'ha raggiunto - in qualche modo superato: oggi fa aggio certificare a espositori e visitatori la qualità, più che il numero, dei contatti che potranno intavolare), gli eventi collaterali a completamento della manifestazione. In questo mondo "piatto" occorre essere accattivanti a tutto tondo per attrarre pubblico internazionale sempre più esigente e selettivo.

» Fiere, una finestra aperta sul mondo

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