Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 06 febbraio 2013 alle ore 08:25.

My24
(Afp)(Afp)

Vittorio Torrembini, memoria storica dell'industria italiana in Russia, aiuta a disegnare una fotografia che mette in evidenza le altre regioni con una buona concentrazione di imprese italiane: amministrazioni accomunate da buon governo e quindi da sviluppo, meno burocrazia e meno corruzione. «Come le macchie più chiare nella pelle del leopardo - spiega il responsabile di Gim-Unimpresa - in Russia cominciano a esserci diverse regioni che vanno su questa strada. Sono poi quelle che consigliamo a chi viene dall'Italia».

Tra queste Lipetsk, dove è nata una Zona economica speciale con il marchio Gim-Indesit sul modello dei distretti industriali italiani: tra le sue qualità la certezza del diritto, i costi ridotti di terreni e allacciamenti, l'impegno dell'amministrazione a risolvere i problemi dell'avvio di un'attività produttiva. Il Tatarstan, repubblica autonoma favorita dalle risorse energetiche e dunque abituata quasi in automatico ad accogliere investimenti. «Una regione che invece si è distinta per capacità proprie - spiega Torrembini - è quella di Vladimir, scelta da Ferrero e gruppo Marcegaglia». Per il lavoro svolto con gli imprenditori italiani al suo governatore, Nikolaj Vinogradov, è stato conferito in questi giorni l'Ordine di Commendatore della Repubblica dal presidente Giorgio Napolitano. Altre regioni si muovono seguendo questi esempi: Ekaterinburg negli Urali, dove è nata di recente una Zona speciale di carattere produttivo. Samara, che ha trasformato in Zes il parco industriale di Togliatti. Uljanovsk, la terra di Lenin, con una Zes regionale e una federale per la logistica. Infine Stupino, vicino a Mosca, un'esperienza condivisa da Mapei, Marazzi, il gruppo Concord, Fortezza Est.

«Sono le regioni a cui si ispireranno gli altri governi locali», conclude Torrembini. Secondo cui, però, resta un altro grosso passo avanti da compiere. «Il vero problema è la scarsa presenza degli investitori russi - spiega - perché gli stranieri coprono una parte delle necessità, ma sono i russi che devono cominciare a produrre». Ma se ormai generalmente «c'è una grande attenzione verso gli stranieri, tanto che c'è chi dice di non essere neppure riuscito a pagare un caffè al governatore, il russo ricade in un girone infernale da cui se non paghi non risali». Uno squilibrio che non può reggere: di nuovo, l'auspicio è che sviluppo e investimenti esteri migliorino le cose, a macchia di leopardo.

OLTRE MOSCA E SAN PIETROBURGO
In un mercato dove acquistano sempre più peso i consumi delle fasce di popolazione a reddito medio, in un Paese che si è posto come priorità strategiche la diversificazione economica e la modernizzazione, i flussi degli investimenti stranieri cercano nuove destinazioni oltre le regioni di Mosca e Pietroburgo. Se il grosso degli investimenti è ancora concentrato qui (42% nel periodo 2007-2011 secondo i dati di Ernst & Young's) per le dimensioni dei mercati locali e la concentrazione delle attività produttive, nuove realtà iniziano a emergere a fianco di queste e delle regioni dove è determinante la presenza di risorse naturali. Come fa notare uno studio di Deutsche Bank ("What drives Fdi to Russian regions?"), l'esempio di Kaluga è un caso interessante perché compensa la mancanza di materie prime con l'impegno dell'amministrazione nello sviluppo di distretti industriali. In termini di settori industriali, la prima destinazione per gli investimenti stranieri diretti è il manifatturiero, progetti divisi tra riesportazione e mercato interno.

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi