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Questo articolo è stato pubblicato il 20 febbraio 2013 alle ore 14:14.

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Lo scioglimento dei ghiacci è uno degli effetti più temuti a causa dei cambiamenti climatici (Rea)Lo scioglimento dei ghiacci è uno degli effetti più temuti a causa dei cambiamenti climatici (Rea)

«Se il Congresso non agirà alla svelta per proteggere le future generazioni, lo farò io». Nel suo discorso sullo Stato dell'Unione, Barack Obama ha lanciato un ultimatum a deputati e senatori che, sin qui, hanno regolarmente bloccato l'approvazione di una legge per limitare le emissioni-serra. Ma stavolta, qualche cosa potrebbe succedere. Il presidente è al secondo mandato. E l'ago dell'opinione pubblica americana – complici l'uragano Sandy e gli eventi meteorologici estremi degli ultimi anni – sta cominciando ad allontanarsi dall'oltranzismo climatico dei repubblicani.

Così, gli Stati Uniti potrebbero dotarsi per la prima volta (il Protocollo di Kyoto fu firmato, ma mai ratificato) di una normativa per mettere un tetto alle emissioni proprio ora che – fra la crisi economica e il boom del gas a basso prezzo che inquina meno del carbone – stanno leggermente scendendo. E se l'America, energivora ed energeticamente inefficiente, dovesse passare dalle parole (del presidente) ai fatti, per il mondo intero sarebbe certamente più facile centrare l'obiettivo europeo di un nuovo trattato internazionale sui gas-serra entro il 2015. Perché la Cina è diventata sì la prima consumatrice di energia al mondo, ma il Partito Comunista è decisamente più "verde" del Grand Old Party statunitense: nessuno investe nelle tecnologie verdi quanto la Repubblica Popolare.

Negli ultimi anni, la diplomazia climatica internazionale ha prodotto – in una sequenza infinita di summit annuali – solo buchi nell'acqua. I motivi sono tanti ma, se dovessimo individuarne uno, la riottosità americana a ripensare il sistema energetico, è il primo che salta agli occhi. L'America di Bill Clinton, di George Bush e anche di Barack Obama – volenti o nolenti i rispettivi presidenti – si è sempre opposta a ridurre le emissioni-serra. Il che, mettiamola così, non ha certo dato il buon esempio. Se adesso Obama, come promette, mettesse mano al problema (o per legge, o tramite regolamenti amministrativi), il futuro della diplomazia climatica sarebbe all'improvviso meno fosco.

La scienza avverte: le emissioni di gas-serra continuano a crescere; gli effetti sono sempre più evidenti, soprattutto nel Nord del mondo; il rischio di raggiungere i temuti 4 gradi in più di temperatura è concreto. Al che, l'economia risponde: i costi del non far niente saranno ancora più pesanti.

Sir Nicholas Stern, l'economista che nel 2006 fu incaricato dal governo inglese di redigere un rapporto sui costi dei cambiamenti climatici, ha sempre concluso che la porzione di Pil mondiale fino a ieri necessaria per mitigare l'impatto delle attività umane sull'ambiente, è molto più modesta di quella necessaria a riparare i guasti nel futuro. Oggi, ha cambiato idea. «A ben vedere – ha detto di recente – avevo sottostimato i rischi. Il pianeta e l'atmosfera sembrano assorbire meno anidride carbonica di quanto previsto, e le emissioni crescono. Non a caso, gli effetti (climatici) si stanno verificando più rapidamente di quanto pensassimo allora». E ancora: «Potremmo davvero arrivare a +4 gradi centigradi».

A chi conosce le estati e gli inverni dei climi temperati, quattro gradi non sembrano nulla. Ma per la temperatura media del pianeta (che dalla Rivoluzione Industriale a oggi è cresciuta meno di un grado) è una misura centigrada spaventosa. Diciamo solo che, nei rapporti dell'Ipcc (il braccio scientifico-climatico dell'Onu), il superamento dei 4 gradi viene considerato come la soglia oltre la quale si possono generare effetti "non lineari", ovvero esponenziali. Un'ipotesi su tutte: lo scioglimento del permafrost siberiano potrebbe liberare ingenti quantità di metano intrappolate sottoterra. Il mondo cambierebbe. Fatalmente in peggio.

Barack Obama giura di essere conscio del problema. Ma, quasi a testimoniare quanto sia difficile la vita di un presidente, dovrà presto prendere una decisione che darà il segno del suo secondo mandato. C'è da estendere Keystone XL, una pipeline da 7 miliardi di dollari che dovrebbe portare in America il petrolio del Canada, ricavato dalle sabbie bituminose dell'Alberta con un processo industriale molto oneroso per l'atmosfera. Domenica scorsa, a Washington, una folla di manifestanti incitava il presidente "verde" a dire di no. Ma potrà Obama permettersi di ostruire una cornucopia di ricavi per il Canada, alleato in Iran e in Afghanistan?

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