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Questo articolo è stato pubblicato il 27 febbraio 2013 alle ore 11:32.

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La Toscana, e più ampiamente l'area dell'Italia di Mezzo, ha sofferto negli ultimi decenni di una certa sottorappresentazione nell'arena degli interessi nazionali rispetto a un Nord della "modernizzazione disordinata" e ad un Mezzogiorno del "disordine senza modernizzazione". Eppure è proprio in quest'area che può essere perseguito un disegno di "modernizzazione ordinata" giocata come sfida per il Paese (e non contro il Paese). Con il rapido succedersi delle ondate di crisi si è cominciato, però, a percepire, anche a livello locale, l'ambiguità e il potenziale disgregativo di una nozione di "ordine" orientata al puro mantenimento dello status quo: occorre passare dalla resistenza che spezza, alla resilienza che coglie la disgrazia della tempesta per ripensare il modello di sviluppo.

Per troppo tempo è stata cullata l'idea che l'impasto tra una ricca tradizione partecipativa, gli alti rendimenti istituzionali e un equilibrato processo di modernizzazione inclusiva costituisse un patrimonio di risorse sociali e istituzionali sufficiente per governare le ricadute territoriali della progressiva apertura internazionale dei circuiti di scambio delle merci, delle informazioni, delle conoscenze e delle persone. La tenace tenuta del modello toscano sottopone, però, oggi la società locale allo stress di un cambiamento rapido, non privo di contraddizioni. Vi è una domanda di reti materiali e immateriali (infrastrutture, saperi eccetera) per la modernizzazione dei sistemi territoriali che tende a collidere con una diffusa cultura della decrescita che ha saputo canalizzare la tradizione partecipativa dei territori.

Vi sono tanti distretti industriali che la decrescita l'hanno già abbondantemente sperimentata nelle loro difficoltà nel competere nel mondo e che faticano a connettersi con il tessuto delle (non molte) medie imprese e delle (non poche) multinazionali qui localizzate. Vi è un policentrismo civico-borghigiano che si fa sindacalismo istituzionale e stenta a rappresentarsi dentro sistemi di area vasta. Sono queste alcune delle sfide cruciali per l'Italia di Mezzo e l'Italia intera, poiché qui il modello italico ha saputo esprimere il meglio della sua originalità nel coniugare sviluppo economico, coesione sociale e libertà politica.

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