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Questo articolo è stato pubblicato il 27 febbraio 2013 alle ore 11:33.

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«La priorità è fare spesa». Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana, annuncia la più classica delle terapie keynesiane contro la crisi: «Vogliamo raddoppiare la capacità regionale di utilizzo dei fondi europei: da 500 milioni a un miliardo all'anno - spiega -. Abbiamo 2 miliardi di risorse già impegnate che devono arrivare rapidamente alle imprese e, se riusciamo a centrare questo obiettivo, possiamo chiedere a Bruxelles un anticipo sui nuovi fondi 2014-2020 che, per quanto ci riguarda, dovrebbero ammontare a circa 3 miliardi».

L'economia toscana si aggrappa all'export (dal 25 al 32% del Pil negli ultimi tre anni) e ai settori trainanti: quelli più innovativi e tecnologici come l'aerospaziale, la meccanica e il farmaceutico; e i comparti tradizionali in fase di rilancio come il marmo, la moda e l'agricoltura. Ma siccome i numeri del 2012 e le stime per il 2013 lasciano poco spazio all'ottimismo (il Pil, -2,1% al 31 dicembre scorso, calerà dello 0,7% anche quest'anno), il Governo regionale pensa a una terapia d'urto, per concentrare risorse su tre fronti: le imprese che fanno innovazione, i giovani e le grandi opere.

Vanno in questa direzione i bandi unici per la ricerca applicata (110 progetti finanziati con gli ultimi due bandi, uno da 60 e l'altro da 70 milioni), i contributi all'innovazione (300 milioni investiti) e i fondi (350 milioni in tre anni) per i giovani, varati dalla Toscana insieme allo snellimento delle procedure. Un'azione che, con il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali (a fine gennaio i 42 milioni disponibili erano già stati consumati), la prossima apertura di cantieri che aspettano da anni (dalla Tirrenica alle terze corsie di A-1 e A-11) e il lancio della gara per il project sulle strade di grande comunicazione Firenze-Siena e Firenze-Pisa-Livorno, rappresenta lo strumento più forte per recuperare quei 17mila posti di lavoro persi dal 2008 a oggi.

«Chi è capace di spendere, si faccia avanti», dice Rossi, quasi provocatoriamente, rivolgendosi ai grandi gruppi, alle piccole aziende e ai giovani. Sul terreno della formazione e della nuova imprenditorialità, del resto, la Toscana ha sviluppato eccellenze che vanno dal polo pisano della Normale e del Sant'Anna all'incubatore di start-up dell'Ateneo fiorentino, dalla Scuola di alta pelletteria di Scandicci al Polimoda, all'Accademia italiana di arte moda design alla Scuola di scienze aziendali, sempre nel capoluogo regionale.

La caratteristica di queste esperienze è avere un collegamento stretto con il mercato. L'84% dei diplomati del Polimoda (1.200 studenti, il 55% stranieri) trova lavoro entro sei mesi. «La formula vincente è sapersi rimettere costantemente in discussione, guardando alle esigenze future delle imprese», commenta Ferruccio Ferragamo, presidente del Polimoda, centro di alta formazione a capitale misto (Comuni di Firenze e Prato e associazioni di categoria) nato nel 1986 in collaborazione con il Fashion institute of technology di New York e diretto da Linda Loppa.

«La moda sarà uno dei motori del rilancio della Toscana e le giovani generazioni avranno un ruolo determinante», aggiunge Ferragamo. «Il momento è difficile, ma l'economia regionale può ripartire», dice Pierfrancesco Pacini, presidente di Confindustria Toscana. C'è voglia di reagire alla crisi. E anche alla burrasca che ha investito il sistema Fondazione-Banca Mps, provocando una perdita di risorse per il territorio senese (almeno 500 milioni all'anno) e un danno d'immagine difficile da quantificare.
«Per far ripartire l'economia, il credito è fondamentale - sottolinea Pacini -. Così come è cruciale che ci sia un sistema bancario solido: in questa ottica, il Monte dei Paschi è strategico, come gli altri protagonisti del settore, da CariFirenze al credito cooperativo». Con un livello di sofferenze bancarie che in Toscana dal 2009 è triplicato (da 3 a 9 miliardi), in prospettiva la partita di Siena è decisiva.

«Il gruppo Montepaschi è solido e il legame con Siena è importante, a patto che non diventi un limite», sottolinea Fabrizio Viola, amministratore delegato della banca di Rocca Salimbeni, che ha 6 milioni di clienti e 31mila dipendenti. «Tra le cose positive di questi mesi - aggiunge Viola - c'è l'orgoglio e la voglia di reazione dei nostri dipendenti, la loro capacità di tenuta e di trasmettere fiducia alla clientela». L'economia, il tessuto sociale e le istituzioni della regione fanno quadrato contro la crisi. Ma la strategia difensiva, secondo Alessio Gramolati, segretario generale della Cgil toscana, da sola non basta: «Il nostro modello di coesione ha solo mitigato l'impatto negativo, ma non ha inciso su precariato e disoccupazione, nonostante 52mila accordi siglati negli ultimi tre anni - dice -. Di questo passo, recupereremo i livelli del 2007 solo nel 2030, e non ce lo possiamo permettere: è indispensabile governare i processi e riuscire e creare lavoro».

Il problema, per dirla con le parole di Vasco Galgani, presidente di Unioncamere Toscana, è che «la crescita imprenditoriale attraversa una fase di sostanziale stallo» con un modesto +0,4% nel 2012. «Servono politiche industriali che battano strade nuove, superando la contrapposizione pubblico-privato - dice ancora Gramolati -. In passato, troppe risorse sono state indirizzate alla rendita anzichè agli investimenti produttivi: è necessario cambiare attitudine». Le imprese chiedono un contesto favorevole, meno burocrazia e «la rimodulazione delle risorse del fondo sociale europeo», come ricorda Pacini. La Regione, per bocca del presidente Rossi, dice di volerlo fare.

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