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Questo articolo è stato pubblicato il 12 marzo 2013 alle ore 11:18.

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I valdostani dicono sempre di essere una piccola regione, di contare poco, di essere diversi. Un'autonomia appartata, la loro, che non ha mai voluto farsi modello, e che attira gli strali di chi ci vede solo particolarismo montanaro. La Francia, per dirla in breve, non sta alla Vallée come la Germania al Sud Tirolo. Oggi l'austerity sfida l'autonomismo, in un territorio dove il pubblico incide per quasi un quarto del valore aggiunto. La Valle d'Aosta è ricca, ma non risparmiata dalla crisi; la disoccupazione nel quarto trimestre 2012 è salita al 7,1% (nel 2008 era al 3,3), il Pil in linea con il paese, le esportazioni in calo. Eppure società ed economia sono meno immobili di come gli stessi valdostani le descrivono.

È cresciuta una piccola manifattura che va nel mondo con le attrezzature dello sport invernale, l'abbigliamento alpino, i salumi e i vini. Quando si dice partire dal territorio! Si ragiona di green economy, facendo rete tra Università e Slow Food. Il capitalista locale delle reti, la Cva, ha trenta centrali idroelettriche e un parco eolico a Viterbo. Gli incentivi regionali e il Politecnico di Torino hanno portato in bassa Valle (spesso da Torino e dal Canavese), piccole imprese hi-tech e centri ricerca aziendali. Soprattutto, la Valle d'Aosta scopre il turismo, da sempre voce importante dell'economia, ma subalterna nelle politiche. Un tempo, la prossimità a Torino e Milano assicurava visitatori e proprietari di case nei poli dello sci, ma era un turismo concentrato in poche località, trainato dal capitale immobiliare, con poca imprenditoria e troppi "letti freddi". In breve, non "incastrato" nella società.

Il nuovo turismo vive di esperienze mobili; meno villeggiature e settimane bianche, più soggiorni brevi e mirati, spesso last minute. Vince l'area vasta, dove combinare esperienze, attrazioni, stimoli (sportivi e slow, naturali e artistici eccetera). La Valle d'Aosta fino a ieri aveva un turismo fordista, altri (l'Alto Adige) erano già piattaforme integrate. Nessuna posizione è irreversibile. Si è migliorata la promozione sui mercati, la messa in rete dei comprensori, le iniziative per dotare di Spa gli alberghi; si guarda ai beni storici e culturali. I risultati confortano: nel 2011-2012 c'è stato un forte incremento delle presenze straniere e un recupero delle italiane. Il rapporto turisti/abitanti è secondo solo a Bolzano, simile al Trentino.

La crisi potrebbe minare questi risultati; Federalberghi valuta nel 31% la riduzione del giro d'affari, a livello nazionale, dell'ultima stagione invernale. Colpa dei sempre più sottili redditi di famiglie che non risparmiano più. La Vallée, però, ha migliorato la sua quota di mercato. Gli operatori vorrebbero più gioco di squadra e, su questo, c'è ancora molto da fare. Ma emergono anche nuove mentalità e nuovi approcci. Lo scorso autunno, una delegazione di quindici giovani imprenditori, su iniziativa della presidenza della Fondation du Grand Paradis e il sostegno di una grande banca, ha trascorso alcuni giorni in Alto Adige in una study visit collettiva. Ne sono nate nuove reti, nel territorio e tra territori. E si scopre che turismo significa ricettività e buoni impianti, ma anche buoni servizi, cultura, alta tecnologia, come dimostra una piccola impresa, la Laser, specializzata in App per smartphone, di cui molte dedicate al turismo, ma anche alla Convenzione delle Alpi. Forse il cuore dei valdostani batte per l'identità franco-provenzale, ma i piedi sembrano ben piantati nell'arco alpino e nella grande regione del Nord; qui sono le reti più forti, qui i legami da coltivare, a partire da quelli con Torino e il Canavese, che con la bassa Valle costituisce, di fatto, un sistema territoriale integrato.
bonomi@aaster.it

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