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Questo articolo è stato pubblicato il 02 aprile 2013 alle ore 08:03.
L'ultima modifica è del 02 aprile 2013 alle ore 08:08.

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«Naturalmente – «osserva Dario Scapaticci, dal 1998 al 2001 responsabile dell'innovazione in Fiat Auto e oggi responsabile tecnico del Mesap – «non esiste una spaccatura fra ciò che è Fiat e ciò che non è Fiat. Il contesto e il terreno di coltura è quello di una grande realtà tecnico-industriale novecentesca. La proiezione, però, è ormai definitivamente collegata alla dimensione internazionale». «Nella dinamica locale-globale, qui a Torino un esempio di trasfusione Fiat-non Fiat è rappresentato dal centro di ricerca di General Motors, dove non a caso l'amministratore delegato (unico italiano in questa posizione in tutto il gruppo) è Pierpaolo Antonioli, uno dei padri del common rail, una innovazione concepita negli anni Novanta dal Centro Ricerche Fiat che ha davvero cambiato il mercato dell'automotive. Altrettanto non a caso, qui si sviluppano i motori diesel, in un contesto metropolitan-industriale che ha sempre avuto nella motoristica uno dei punti forti della cultura industriale Fiat. «Qui – spiega Antonioli – vengono concepiti e sviluppati i motori a gasolio per tutte le marche del gruppo. C'è la ricerca. C'è lo sviluppo. C'è l'ingegnerizzazione». Il centro nasce con l'alleanza sancita fra la Fiat di Paolo Fresco e la Gm di Rick Wagoner, che si scioglie nel 2005. Detroit non smobilita Torino. E, perfino durante il tracollo fra 2008 e 2009, vi investe 25 milioni di euro. Oggi la cifra complessiva è di 50 milioni di euro: tutta spesata su macchinari e tecnologie, dato che l'edificio è del Politecnico di Torino.

Qui lavorano 535 ricercatori, che nel 2012 hanno realizzato 75 brevetti, il 55% del totale europeo e il 7% del totale mondiale di Gm. Ogni anno, a Torino, vengono assunte fra le 40 e le 80 persone. I laboratori di prova assomigliano a sale operatorie, in cui si dà un senso all'immagine del motore "cuore" della macchina: ogni nuovo prototipo viene fatto girare con attaccati sensori che ricordano cannule e rilevatori che sembrano sonde in grado di auscultare ogni sua minima reazione meccanica ed elettronica. Il centro – dove «lavorano soprattutto ragazzi presi dalle facoltà di ingegneria, preferiamo costruire percorsi interni», dice Pierpaolo Antonioli – è un autentico ponte con l'automotive industry internazionale, dato che qui si sviluppano i motori per tutto il gruppo: «Siamo baricentrici rispetto al quartier generale negli Stati Uniti e ai nostri stabilimenti asiatici, tanto da lavorare su tre turni», specifica l'amministratore delegato. «Questa propensione internazionale peraltro fa il paio nell'habitat locale con gli analoghi flussi di competenze e tecnologie fra Fiat e Chrysler sulla rotta Torino-Auburn Hills. E si inserisce in un contesto segnato dall'attitudine molecolare delle piccole e delle medie imprese, che cercano una attitudine razionalizzatrice - nel loro rapporto con il mercato e con la ricerca - appunto in istituzioni come il Mesap.

Al Mesap, di cui non fa parte il Centro Ricerche Fiat, operano 95 imprese riconducibili all'automotive, oltre due terzi delle quali con meno di 250 addetti. Molte di loro beneficiano dell'attività svolta nella ricerca con politecnici e atenei italiani: 10 dei 41 milioni di euro catalizzati nei suoi progetti riguardano l'automotive. Nella nuova reticolarità torinese, se c'è il grosso nodo General Motors, trova spazio anche Cms che «è una sorta di "laboratorio artigiano hi-tech". Vi lavorano sei persone. Nata quarant'anni fa come satellite della Fiat – «lastrature e stampi in zona Mirafiori, un classico dell'industrializzazione torinese – «ha poco alla volta allentato i legami con quest'ultima. Oggi realizza pezzi e componenti per i prototipi delle auto. Le due macchine ibride inventate dal Politenico di Torino, la Xam (benzina e ricarica elettrica) e la Idra (idrogeno), montano parti meccaniche prototipate dalla Cms.
Mauro Tutolo, 40 anni, è un perito meccanico come lo era suo padre, Amedeo, che fondò l'azienda nell'ormai lontano 1973. Snocciola con soddisfazione le università con cui la sua società lavora: Modena, la Sapienza, Firenze. Più, naturalmente, il Politenico di Torino. E, senza tanti giri di parole, con il senso pratico di chi ogni giorno si muove fra laboratori e fabbriche, conclude: «Che cosa è successo? È successo che, a un certo punto, ci siamo accorti che la Fiat non dava più da mangiare a tutti». E si sono organizzati.

IL RATING DEL SOLE
Il punteggio

Attraverso una griglia di 8 variabili ciascun distretto è definito nei suoi punti di forza e di debolezza. A Torino la ricerca sull'automotive e la meccanica oggi fa i conti con l'assenza della Fiat. Sono ancora presenti i centri di avanguardia, anche stranieri.

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