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Questo articolo è stato pubblicato il 24 aprile 2013 alle ore 13:42.

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Anche a livello europeo, comunque, la situazione è tutt'altro che rosea. Molti siti storici hanno chiuso e quelli maggiori, come Stx France, Stx Finland e perfino il tedesco Meyer Werft, sono in difficoltà.

Meyer ha annunciato un piano di riduzione dei costi per 50 milioni e ha chiesto ai sindacati maggiore flessibilità sul lavoro. Una politica analoga a quella avviata (in anticipo rispetto ai tedeschi) da Fincantieri, che ha avuto sbocco in una serie di accordi sindacali nei diversi stabilimenti del gruppo italiano.
Il più recente è quello stretto nello stabilimento di Genova Sestri Ponente; un'intesa che segue quella raggiunta per il sito di Castellammare di Stabia. «Entrambi gli accordi – afferma l'ad di Fincantieri, Giuseppe Bono – dimostrano che operando con un'unità di intenti si possono superare anche i limiti infrastrutturali, da tutti riconosciuti». Secondo il manager l'intesa genovese è «un fattore significativo per il recupero di competitività del comparto cantieristico e potrà rappresentare un modello per tutti gli altri stabilimenti del gruppo e per l'industria italiana in generale».

Resta il fatto che l'Italia, nonostante il buon lavoro svolto, ad esempio, tra Fincantieri, Sace, Simest e Cassa depositi e prestiti per ottimizzare il credito all'export sull'acquisto di navi da crociera, da parte di armatori esteri, soffre per avere costi del finanziamento più elevati di altri con pacchetti inevitabilmente meno attrattivi dei concorrenti. Un fattore che diventa ancora più drammatico per i fornitori che faticano, a loro volta, a trovare accesso al credito.
Intanto, aggiunge Stefano Silvestroni, presidente di Ancanap, «i cantieri privati continuano a diminuire e, tra quanti sono rimasti, solo pochi sono in grado di avere prospettive incoraggianti: quelli che hanno diversificato, si sono specializzati e sono andati a cercare commesse all'estero.

Il mercato italiano, infatti, è molto limitato. Qualche segnale incoraggiante si vede su segmenti di nicchia, legati alle piattaforme petrolifere offshore. E anche le commesse che potevano venire dal pubblico sono diventate irraggiungibili per i privati, perché i soli costi per partecipare a una gara risultano esorbitanti».
Occorre, conclude Lotti, «che l'Italia si decida ad avviare una politica seria per il mare, che tenga anche conto dei progetti dell'Ue, che vanno nella direzione di incentivare la cantieristica navale legata alla tutela dell'ambiente».

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