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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2013 alle ore 06:48.

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Le ricadute dell'entrata in vigore del Dpr, comunque, sono ancora tutte da vedere. Lo stesso Cti, il Comitato termotecnico italiano, ente federato all'Uni, fa sapere di non aver ancora esaminato i contenuti dell'ultima parte delle linee guida. Mentre cresce la preoccupazione delle categorie professionali, pronte a dare battaglia contro eventuali discriminazioni.
Resta infine aperto il problema delle norme regionali: per la clausola di cedevolezza, sui territori in cui c'è un sistema locale per gli Ace, vale la regola particolare. Ma i punti di distanza rispetto alle norme statali non sono secondari. E il quadro è destinato a cambiare ancora con il recepimento della direttiva 2010/31/Ue. Venerdì scorso il Consiglio dei ministri ha avviato l'esame di uno schema di decreto legge che modifica in più punti il Dlgs 192 e che impone, tra l'altro, a Regioni e Province autonome di istituire un sistema di «riconoscimento» (e non di accreditamento) degli organismi e dei soggetti cui affidare la certificazione energetica degli edifici, promuovendo programmi per il loro aggiornamento professionale e – soprattutto – tenendo conto dei requisiti previsti dalle norme nazionali e nel rispetto delle norme comunitarie di libera circolazione dei servizi. Due precisazioni, queste ultime, che potrebbero creare diversi conflitti con le norme regionali.
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È ancora in attesa di pubblicazione il Dpr varato il 15 febbraio 2013, approvato dal Governo e che definisce i requisiti per il certificatore energetico. Il Dpr attua il decreto legislativo 192/2005 e, di conseguenza, anche la direttiva europea 2002/91/Ce ed è molto atteso dai professionisti perché completa le disposizioni per il rilascio degli attestati di certificazione energetica. Il Dpr sana inoltre una situazione di irregolarità del nostro Paese. Il mancato recepimento della direttiva, nella sua completezza, ha infatti comportato a ottobre 2006 l'apertura di una procedura di infrazione da parte dell'Ue contro l'Italia
Secondo il Dpr statale, possono svolgere l'incarico di certificatore energetico sia le persone fisiche, sia le società, gli enti pubblici e le Esco, purché liberi da conflitti di interesse rispetto all'immobile che devono certificare, iscritti all'ordine o collegio di appartenenza (se previsto) e in possesso di un titolo di studio che le linee guida (contenute nel Dpr) ritengono abilitante in automatico. È necessario infine il possesso di un attestato (rilasciato dall'ordine o collegio di appartenenza), che comprovi la competenza ed esperienza nella progettazione di impianti ed edifici
Deve seguire un corso di formazione: chi, per quanto possieda i requisiti di base per l'abilitazione automatica, non riesce a produrre l'attestato che comprova la competenza e l'esperienza; e chi possiede un titolo di studio che rientra fra quelli contemplati dal Dpr, ma che non è ritenuto automaticamente abilitante. I corsi sono organizzati da università, organismi ed enti di ricerca, ordini e collegi professionali autorizzati dal ministero, Regioni e Province autonome. La durata prevista dal Dpr è di 64 ore
In attesa del completamento delle linee guida a livello statale, sono molte le Regioni che negli anni si sono mosse in modo autonomo per recepire la direttiva Ue, dando vita a regole e sistemi locali per il rilascio degli Ace. In questi territori, vigono norme a volte diverse dal Dpr per il riconoscimento della qualifica di certificatore. Così, ad esempio, in Lombardia possono diventare certificatori solo le persone fisiche, ma non è necessaria l'iscrizione all'ordine; in Valle d'Aosta, Liguria, Provincia di Bolzano e Lombardia il corso è obbligatorio per tutti; e in Alto Adige gli attestati Casaclima (che comprendono l'Ace nazionale e sono obbligatori sul territorio per le nuove costruzioni e riqualificazioni) sono rilasciate direttamente dall'omonima agenzia Casaclima

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