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Questo articolo è stato pubblicato il 29 luglio 2013 alle ore 06:51.

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Al regime delle distanze legali, secondo quanto previsto dall'articolo 879, comma 2, del Codice civile, non sono soggette le costruzioni realizzate a confine con le piazze e le vie pubbliche, anche di proprietà privata gravate da servitù pubbliche di passaggio (sentenza n. 6006/2008).
Le previsioni del codice civile vengono integrate da quelle dei regolamenti edilizi locali, che possono anche fissare distanze superiori, purché nel rispetto della disciplina urbanistico-edilizia nazionale e regionale, in particolare quella del Dm 1444/1968. Le distanze minime tra costruzioni indicate dall'articolo 9 del decreto variano in relazione alle zone territoriali omogenee in cui ricadono gli edifici, alla loro altezza ed alla presenza o meno di strade destinate al traffico veicolare.
Solo per i centri storici (le zone A), in caso di ristrutturazione vi è l'obbligo di mantenere le distanze intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, mentre nelle altre zone omogenee per gli edifici di nuova costruzione è prescritta in ogni caso una distanza minima di dieci metri tra le pareti finestrate e quelle degli edifici antistanti. In presenza di strade, le distanze minime corrisponderanno alla larghezza della sede stradale maggiorata, per ciascun lato, ad una misura variabile dai 5 ai 10 metri, a seconda dell'ampiezza della strada. Di conseguenza, in questo caso, la distanza minima potrà andare dai 17 ai 35 metri.
La norma ammette distanze inferiori, ma solo nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate, con esclusione degli interventi diretti, realizzati sulla base di un singolo permesso di costruire.
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Gli orientamenti
01 | A TUTTE LE FINESTRE
LO STESSO PESO
La distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti, prevista dall'articolo 9 del Dm 2 aprile 1968, n. 1444, va calcolata
con riferimento a ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano
e con riguardo a tutte le pareti finestrate e non solo a quella principale, prescindendo
anche dal fatto che esse siano o meno in posizione parallela. Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza n.7731/2010
02 | NESSUNA DEROGA
NEI PIANI URBANISTICI
L'articolo 9 del Dm 2 aprile 1968 n. 1444, che impone
la distanza minima di
dieci metri tra costruzioni vincola anche i Comuni
in sede di formazione e di revisione degli strumenti urbanistici, con la conseguenza che ogni previsione regolamentare in contrasto
con l'anzidetto limite minimo è illegittima, essendo consentita all'amministrazione locale solo la fissazione di distanze superiori.
Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza n. 1491/2009
03 | I BALCONI E LE LOGGE
ESCLUSI DAL CALCOLO
La distanza dei dieci metri (fissati dall'ex Dm n. 1444/1968) tra pareti finestrate è stata stabilita
in funzione della tutela della riservatezza delle abitazioni situate in fabbricati che si fronteggiano, ratio che viene meno in presenza di balconi e di logge, che quindi non debbono essere tenuti
presenti ai fini del calcolo
della distanza.
Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza n. 3889/2006
04 | L'ASCENSORE SUPERA
I VINCOLI DI LEGGE
L'installazione di un ascensore, al fine dell'eliminazione
delle barriere architettoniche, realizzata da un condomino
su parte di un cortile
e di un muro comuni,
deve considerarsi indispensabile ai fini dell'accessibilità dell'edificio
e della reale abitabilità dell'appartamento, e rientra, pertanto, nei poteri spettanti
ai singoli condomini ai sensi dell'articolo 1102 del Codice civile, senza che, ove siano rispettati i limiti di uso delle cose comuni stabiliti da tale norma, rilevi la disciplina dettata dall'articolo 907
del Codice civile sulla distanza delle costruzioni dalle vedute. Cassazione civile, sezione II, sentenza n. 14096/2012
05 | NESSUNA SANATORIA
PER LE VIOLAZIONI

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