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Questo articolo è stato pubblicato il 11 dicembre 2013 alle ore 13:09.
L'ultima modifica è del 28 settembre 2014 alle ore 17:02.

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Dietro di noi ci sono solo Grecia e Cipro. l'Italia invece, in fatto di sviluppo della banda larga, si colloca al terz'ultimo posto in Europa. A fotografare questo poco edificante status è I-Com, l'istituto per la competitività, nel suo terzo Rapporto su Reti & Servizi di Nuova Generazione 2013. L'immagine, insomma, è quella di un'Italia che continua ad accumulare ritardo, dal punto di vista normativo, culturale e di sviluppo delle infrastrutture.

Il risultato più evidente, all'interno di un corposo Rapporto che mette in fila numeri e cifre, anche di best practices su territorio nazionale, è proprio l'I-Com Broadband Index (Ibi) 2013 che colloca il nostro Paese al terz'ultimo posto, con un punteggio pari a circa la metà rispetto alla Svezia, paese leader della classifica. A pesare ci sono vari fattori. Innanzitutto la penetrazione della banda larga fissa: l'Italia è solo quartultima con un tasso del 55% contro una media Ue del 72 per cento. C'è poi da registrare il gap sulla velocità, con l'Italia ultima con solo lo 0,1% delle connessioni a 30Mbps (a fronte di una media Ue del 14%) e fanalino di coda anche in termini di percentuale di connessioni oltre i 10 Mbps. Infine, non trascurabile ancghe il ritardo sul fronte della fibra ottica: il 2% delle connessioni usa questa tecnologia. La posizione di vantaggio acquisita nei primi anni Duemila si sta riducendo a favore di Paesi che hanno maggiormente investito nel settore, come la Francia (6,8 milioni di abitazioni collegate contro i 2,6 milioni di case connesse dell'Italia).

I numeri del ritardo sono evidenti, uno dietro l'altro. E anche se non è dato sapere con quale nesso di causa ed effetto, ma il disagio sul fronte infrastrutturale finisce per estendersi inevitabilmente anche agli utilizzi: solo poco più della metà degli italiani accede regolarmente ad internet (la media Ue è 70%). Nell' e-commerce, poi, l'Italia mostra le debolezze più sorprendenti, visto che è terzultima con il 17%, contro una media UE del 44 per cento.

Guardando agli altri Paesi, l'Ibi 2013 conferma che i Paesi scandinavi sono i più avanzati, con Svezia, Finlandia e Danimarca ai primi tre posti. Singolare la collocazione della Germania (20° posto), che sconta la scarsa diffusione della fibra ottica. Mentre la Spagna (quint'ultima) perde 11 posizioni a causa del mancato sviluppo della banda larga, Bulgaria (9°) e Romania (16°), che registrano un trend opposto. «I Paesi europei, anche quelli di più recente ingresso nell'Unione, stanno dimostrando segnali di forte adesione e avvicinamento agli obiettivi dell'Agenda digitale europea, che dovrebbero consentire all'Europa di tenere il passo della competizione globale», ha spiegato Stefano da Empoli, Presidente di I-Com . L'Italia invece «è stata ampiamente distanziata dalla quasi totalità dei Paesi dell'Est Europa e si appresta ad essere superata nell'accesso al broadband, l'indicatore più importante da noi rilevato, perfino da Bulgaria e Romania. Le uniche note di speranza vengono in questo momento dagli operatori Telco, che recentemente hanno annunciato per i prossimi anni un'accelerazione significativa degli investimenti nelle reti italiane, che hanno comunque tenuto nonostante la crisi nel recente passato».

Su questo fronte, complessivamente – tra il 2008 e il 2012 – i 5 operatori nazionali hanno investito 35 miliardi di euro in reti e servizi di nuova generazione, con una media annua di 7 miliardi. Nello stesso quinquennio, l'incidenza degli investimenti sul totale dei ricavi è salita dal 14,5% al 16,7% (incremento di 2 punti percentuali). Nel 2012, gli investimenti in beni materiali (infrastrutturazione e sviluppo reti) hanno rappresentato il 60% del totale, pari a circa 4 miliardi di euro e in aumento del 7% rispetto al 2011. Per Giovanni Gangemi, direttore area Comunicazioni I-Com «nel 2013 gli operatori hanno ricominciato a investire anche nella banda larga fissa, annunciando importanti piani di investimento, che - continua Gangemi - se attuati già nel 2014, spingerebbero l'Italia a risalire nelle graduatorie».

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