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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2014 alle ore 06:40.

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ROMA
Aperto a nuovi intermediari, e non più solo alle banche, e con un raggio d'azione più ampio per allinearsi anche alle prossime mosse della Bce. Il Fondo centrale di garanzia viaggia verso un riposizionamento generale, che sarà tanto più necessario quanto più saranno entrate nel vivo le norme del decreto competitività che spalancano anche ad assicurazioni e società di cartolarizzazione la via dei finanziamenti diretti alle imprese.
Quella sul nuovo Fondo di garanzia è più di una riflessione, che è già in corso nel gruppo di lavoro intergovernativo sulla finanza per la crescita. La task force, coordinata da Stefano Firpo, capo segreteria tecnica del ministero dello Sviluppo economico, e da Fabrizio Pagani, capo segreteria tecnica dell'Economia, ha intenzione di proseguire il lavoro andando oltre il decreto appena pubblicato in Gazzetta ufficiale: l'obiettivo ora sono i finanziamenti alle infrastrutture (con la leva della defiscalizzazione) e all'immobiliare (norme per favorire le Siiq).
«Il decreto spiana la strada al direct lending di assicurazioni e società di cartolarizzazione – spiega Firpo – mentre un decreto ministeriale già pronto fa altrettanto per i fondi di credito. Sarebbe dunque consequenziale allargare l'operatività del Fondo di garanzia anche all'attività di questi operatori, oltre che delle banche». La liberalizzazione del credito non bancario richiederà ancora dei passaggi, come l'approvazione del nuovo regolamento dell'Ivass (attualmente in consultazione) in materia di investimenti e attivi a copertura delle riserve tecniche delle compagnie assicurative, e potrà avere bisogno di qualche perfezionamento. La norma finale appare più conservativa rispetto alle bozze iniziali, dal momento che prevede comunque un ruolo delle banche nella selezione del rischio. «Era importante partire, questa è la prima fase – osserva Firpo –. Quando saranno strutturate per questo tipo di operazioni, le compagnie potranno avere maggiore autonomia anche sotto questo aspetto».
La task force governativa preannuncia anche per il futuro interventi secondo un ideale circolo virtuoso: liberalizzazione del credito non bancario, più investimenti e maggiore patrimonializzazione delle nostre imprese. Il punto di partenza è immettere nel circuito delle imprese liquidità troppo stesso dirottata verso altri strumenti. Nei mesi scorsi le nuove regole sui bond societari, a partire dai minibond, hanno immesso sul mercato 7-8 miliardi, ma il 90% di questi proveniva da investitori istituzionali stranieri. Ora, varato questo nuovo pacchetto, il governo si aspetta che anche gli investitori italiani, in particolare fondi pensione e compagnie di assicurazione, facciano la loro parte.
Il resto, per rimettere in pista le imprese, dovrà farlo la patrimonializzazione, anch'essa da supportare. «Non basta riattivare il credito, perché l'emergenza parallela si chiama equity crunch – sottolinea l'ex capo dello staff di Corrado Passera a Intesa e tecnico da alcuni anni prestato alle istituzioni –. Per favorire la patrimonializzazione abbiamo varato una nuova formulazione dell'Ace (aiuto alla crescita economica) per spingere anche le aziende con margini compressi dalla crisi». Ma anche qui – ed è un'altra novità – potrebbero esserci dei cambiamenti in tempi brevi, riducendo ad esempio da 5 a 3 anni il periodo di ripartizione del credito d'imposta a valere sull'Irap. Un cantiere in parte ancora aperto. «Quella sulla finanza d'impresa – ricorda Firpo – è una riforma complessiva, che alla segreteria del Mise abbiamo avviato già con i primi due decreti del governo Monti, per poi perfezionarla con il "Destinazione Italia" e con l'ultimo provvedimento sulla competitività». L'assunto di base – la restrizione della capacità di intermediazione delle banche rispetto al passato – ha innescato il lavoro su fonti di liquidità e intermediari alternativi. In questa chiave è arrivata anche l'estensione del Fondo di garanzia a banche, intermediari e Sgr che sottoscrivono minibond o portafogli di minibond (il decreto ministeriale è attualmente alla Corte dei conti).
Sempre per restare sull'argomento del Fondo, infine, si attende l'estensione della garanzia anche ai portafogli di crediti già in essere. L'intervento, che richiede comunque un rifinanziamento per 500 milioni, è stato posticipato: «Abbiamo deciso di aspettare anche per allinearci alle scelte che farà la Bce sul rifinanziamento alle banche tramite i portafogli oggetto di cartolarizzazione».
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LE RISORSE
20 miliardi
L'impatto
È la stima, elaborata dal ministero dello Sviluppo economico, del volume di finanziamenti aggiuntivi che potrebbero essere generati dalle misure per il credito non bancario
500 milioni
Fondo garanzia
È il possibile rifinanziamento del Fondo, non entrato nel decreto e destinato ad essere riesaminato in seguito

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