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Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2014 alle ore 06:38.

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MILANO
L'industria manifatturiera resta il principale motore di sviluppo delle economie mondiali. Ma gli scenari stanno mutando velocemente e i protagonisti di oggi non è detto che lo siano anche domani. Anzi. L'anello debole della catena appare proprio l'Europa, ancora alle prese con l'equazione "rigore dei conti pubblici e politiche di spesa per il rilancio".
Nel contempo stanno dando frutti copiosi i programmi a sostegno del manifatturiero varati – alcuni dopo il 2008 – in Canada, Usa, Messico, Sudafrica, Giappone, Finlandia, Australia. A cui va aggiunta l'area asiatica con Cina e Corea sempre più forti. Tanto che da qui al 2025 questi Paesi saranno ai primi posti nel "manifatturiero avanzato" in settori quali la fotonica, le energie altenative (tecnologia del litio), nella robotica, nelle nanotech, nell'ambiente, nell'oil and gas.
«In Europa l'industria manifatturiera è da un decennio in declino strutturale. Solo la Germania riesce ancora a mantenere posizioni», spiega Valerio De Molli, managing partner Ue di Ambrosetti, pur riconoscendo le ambizioni del programma del commissario Ue Antonio Taiani per rinforzare la competitività del sistema industriale europeo al 2020.
Purtroppo la grande assente in questo fermento di innovazione industriale è l'Italia – secondo Paese manifatturiero in Europa – dove, nonostante crisi e recessione, non si è ancora scritto un serio programma di politica industriale.
Molti Paesi invece – e di questo si è parlato ieri a Milano nell'ambito del terzo "World Manufacturing Forum", voluto dalla Commissione Ue e organizzato da Politecnico di Milano e Ims (Intelligent Manufacturing System) con i principlai rappresentanti mondiali di Università, gruppi industriali e analisti – non sono stati fermi.
Il caso Messico. Con il programma Integral Manufacturing Support Strategicy ha, nel corso degli ultimi anni, rilevato quote di mercato negli Usa, prima di competenza della Cina. Così in Canada. Nello stesso tempo, con una politica basata su incentivi e leve fiscali, ha reso attrattivo il proprio territorio per investimenti esteri. Ricerca e innovazione sono le parole chiave su cui si è puntato, creando un forte collegamento tra Università e industria. Il Messico inoltre ha avviato una serie di programmi infrastrutturali per ridurre i costi di logistica e trasporti e per abbassare quelli energetici. Fondamentale, infine, l'avvio di numerosi progetti di formazione per creare competenze di livello alto, dice Guillermo Rafael Fernandez de la garza, a capo della Fondazione Usa-Messico per le scienze.
Il caso Sudafrica. Fin dal 1915 industria estrattiva e manifattura sono strettamente connesse. Ma è solo di recente che le autorità governative hanno varato una Road Map decennale per il manifatturiero avanzato. Obiettivi sono il rafforzamento dei poli specializzati nello studio e applicazione di nuovi materiali e delle aree ad alta intensità tecnologica e industriale. La Road map indica le priorità e guida le aziende nei programmi di ricerca e innovazione. Attirando nel contempo capitali di investimento, spiega Garth Williams, direttore al dipartimento delle Scienze e della Tecnologia della repubblica sudafricana.
Il caso Finlandia. Sull'omnda delle crisi dei grupi elettronici e della telefonia, la Finlandia ha varto un programma denominato Metal and Engeneering Finnish al 2025. Al centro del programma nuovi materali per l'automotive e strutture portanti, macchine intelligenti e energie alternative.
Il caso Usa. Con il National network for manufacturing si sono creati gli obiettivi da raggiungere nelle altte tecnologie e nei settori ad alto valore aqggiunto (nuovi materiali, big data, product designer, internet, Ict). Anche in questo caso le parole chiave sono una minore pressione fiscale, partnership pubblico-privato, ricerca e innovazione e consorzi tra aziende e università.
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