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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2014 alle ore 12:22.

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A conti fatti è più leggera la bolletta elettrica per le Pmi nel secondo trimestre. Ma gli «oneri di sistema» bruciano oltre il 10% del risparmio derivante dalla flessione dei prezzi della materia prima. Lo dimostra la fotografia scattata dalla Camera di Commercio di Milano, che con il contributo di Ref Ricerche monitora l'andamento dei prezzi medi dell'energia elettrica praticati sul mercato libero alle micro, piccole e medie imprese.

Le Pmi italiane continuano così a essere vittime di un paradosso che ne penalizza la competitività. Dopo circa due anni di flessione prosegue infatti la riduzione dei prezzi dell'energia: i prezzi sulla Borsa elettrica sono scesi del 18% rispetto al primo semestre 2013, raggiungendo i minimi storici. «L'andamento – spiega l'economista di Ref Ricerche Samir Traini – riflette la domanda ancora asfittica (-3%) e l'eccesso di capacità di generazione che caratterizza ormai strutturalmente il nostro sistema elettrico. Il calo del prezzo della materia prima non si riflette però in uguale misura sul costo totale della fornitura». Per una tipica impresa del settore artigianale, allacciata in bassa tensione, ad esempio, da aprile a giugno di quest'anno i prezzi dell'energia sono diminuiti di circa il 13% rispetto allo stesso periodo del 2013, ma la bolletta ha registrato solo una riduzione dell'1,2 per cento. Che cos'è successo? Le elaborazioni di Ref Ricerche mostrano che l'evoluzione favorevole della materia prima è stata quasi completamente controbilanciata dalle altre componenti, in particolare gli oneri di sistema, destinati al finanziamento delle fonti rinnovabili e di altri sovvenzionamenti. Non solo. La componente a mercato ha continuato a perdere costantemente peso per arrivare a rappresentare, per l'impresa artigiana, solo un terzo del costo della fornitura, quasi al pari degli oneri di sistema (27 per cento). Una situazione rovesciata rispetto al 2008, quando la prima componente pesava per circa il 52% e i secondi si fermavano 12 per cento.

Per un'azienda manifatturiera allacciata in media tensione lo spread è ancora più ampio: il costo dell'energia - che vale il 36% della bolletta – è sceso del 16%, ma il conto finale è diminuito solo del 3 per cento. Qui gli oneri di sistema (che valgono un terzo del costo finale) sono aumentati di oltre il 12 per cento. Il copione si ripete anche per un supermercato, allacciato in media tensione.

Sullo sfondo resta poi la ridefinizione delle regole del regime di maggior tutela, applicato per le piccole imprese connesse in bassa tensione con meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo fino a 10 milioni, che beneficiano di una fornitura a prezzi stabiliti dall'Autorità per l'energia. All'inizio di luglio l'Antitrust ha auspicato un abbandono progressivo del regime, sulla scia di quanto è avvenuto nel mercato del gas. «La Camera di Commercio di Milano – sottolinea Sergio Rossi, dirigente dell'area Sviluppo del territorio e del Mercato – già da anni monitora l'evoluzione dei prezzi di mercato dell'energia elettrica per le micro e piccole imprese (energia.piuprezzi.it), a cui si è aggiunta negli ultimi due anni anche quello sui prezzi del gas naturale: quest'ultimo rappresenta l'unico benchmark pubblico di mercato nel nostro Paese dopo l'abolizione del regime di tutela dello scorso anno. Qualora dovesse venire meno anche il regime di maggior tutela sul versante elettrico siamo pronti a farci carico della richiesta di trasparenza e di capacitazione che esprimono le micro e piccole imprese».

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