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Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2014 alle ore 18:07.

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Un problema dietro l'altro per l'Ilva di Taranto. Ai ritardi nei lavori per il risanamento ambientale, al mancato pagamento dei fornitori e delle imprese appaltatrici e allo slittamento di un mese del premio di produzione ai dipendenti, tutte questioni che hanno la loro matrice nella grave crisi di liquidità dell'azienda, si aggiunge da oggi il guasto al monoblocco numero 3 della centrale elettrica 2 del siderurgico. Un guasto che l'Ilva conta di riparare in 20 giorni circa ma che intanto provoca due ripercussioni immediate: scatta il ricorso ai contratti di solidarietà per un centinaio di addetti alle due acciaierie e rallentano l'attività sia i tre altiforni attualmente in marcia, il 2, il 4 e il 5, che le acciaierie. In particolare, l'altoforno 5, il più grande d'Europa, è stato già fermato oggi ma ripartirà domani. Domani, invece, toccherà all'altoforno 4, mentre da venerdì e sino al 4 agosto all'altoforno 2. Questo farà sì che nei 20 giorni di parziale attività si producano 3-4mila tonnellate di ghisa in meno al giorno. Nelle acciaierie, invece, ci sarà una sola colata continua in funzione nella 1 e due nella 2.

Si può pensare che sia la centrale ad alimentare altiforni e acciaierie. Invece accade l'inverso, nel senso che i gas di lavorazione provenienti da cokerie e altiforni alimentano la centrale e servono a far marciare gli impianti a valle dell'area a caldo come i laminatoi e i treni nastri. Solo che un conto è avere una centrale elettrica completamente funzionante e quindi in grado di "bruciare" e "convertire" in energia tutto il gas che arriva, altro è averla parzialmente e quindi impossibilitata a trattare la stessa quantità di gas. Qualora l'Ilva mantenesse invariata la marcia degli altiforni, dovrebbe infatti "liberare" in atmosfera parte dei gas ma si determinerebbe un sicuro impatto ambientale. Di qui, dunque, l'opportunità di decelerare. Scelta, questa, fatta dal sub commissario Edo Ronchi in occasione di due precedenti guasti alla centrale elettrica - l'ultimo dei quali nella seconda metà di marzo - e ora confermata dal nuovo commissario Piero Gnudi per evitare un picco di inquinamento.

Lo stop della centrale e, a cascata, di altiforni e acciaierie, ha aumentato le preoccupazioni dei sindacati sul futuro dell'Ilva di Taranto. Per i sindacati, la ripetitività dei guasti dimostrerebbe - commentano Cosimo Panarelli e Vincenzo Castronuovo della Fim Cisl - come nel siderurgico vi sia un deficit di interventi sugli impianti e, soprattutto, di manutenzioni. "Non c'é solo il problema dell'Autorizzazione integrata ambientale, i cui lavori, rispetto all'ultimo cronoprogramma, scontano un ritardo di circa tre mesi e ora rischiano di fermarsi del tutto per mancanza di risorse, ma anche quello del mancato ammodernamento" dicono i sindacalisti. E citano quanto l'ex commissario Enrico Bondi - che il Governo a giugno ha sostituito con Gnudi - ha scritto nelle sue relazioni, ovvero che i problemi produttivi dell'Ilva sono dovuti, oltrechè al mercato e al calo degli ordini, anche allo stato generale della fabbrica. Di qui, dunque, un piano industriale, quello di Bondi, che nei 4 miliardi di euro di spesa complessiva sino al 2020 ne prevedeva 1,7 per gli investimenti tecnici. Ma uscito di scena Bondi, quel piano è stato stoppato e ora, molto probabilmente, lo metteranno a punto i nuovi azionisti dell'Ilva nel momento in cui le trattative avviate da Governo e Gnudi si concluderanno.

La centrale elettrica del siderurgico appartiene a Taranto Energia, società controllata dall'Ilva. L'impianto fu costruito dall'Edison anni fa. In seguito l'Ilva lo ha acquistato. In quanto agli altiforni, il 5 ha una capacitá produttiva di 9-10mila tonnellate di ghisa al giorno mentre il 2 e il 4 sono attestati intorno alle 5mila tonnellate al giorno. Inizialmente era previsto che l'Ilva fermasse per lavori tra agosto e settembre 2014 l'altoforno 5 facendo prima ripartire l'altoforno 1, spento ai primi di dicembre 2012. Poi il piano ambientale, approvato a metà marzo dal Governo e pubblicato ai primi di maggio sulla "Gazzetta Ufficiale", ha stabilito entro sei mesi dal decreto sullo stesso piano. Ora, infine, il nuovo decreto legge sull'Ilva varato dal Governo giovedí scorso prevede che lo spegnimento dell'altoforno 5 sia rinviato di un anno, entro il 30 giugno 2015, e sempre subordinato al riavvio dell'altoforno 1.

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