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Questo articolo è stato pubblicato il 17 luglio 2014 alle ore 08:25.

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Arriva il «Patto fiduciario per la sicurezza», per incentivare l'emersione delle aziende cinesi di Prato, che oggi producono abbigliamento a prezzi stracciati grazie a lavoro nero, evasione fiscale e mancato rispetto delle norme su sicurezza e igiene. Chi firmerà il Patto promosso dalla Regione Toscana, accettando «l'identificazione del vero titolare dell'azienda e l'individuazione di un rappresentante dei lavoratori per la sicurezza», sarà tra gli ultimi a essere controllato nell'ambito del piano d'intervento etnico – il primo mai tentato in Italia – messo in piedi dopo l'incendio che il 1 dicembre 2013 uccise nel sonno sette operai cinesi che dormivano nella fabbrica pratese in cui lavoravano per 18 ore al giorno.

Quel piano, finanziato con 13 milioni di euro (e non più i 15 annunciati nel maggio scorso dal presidente Enrico Rossi), partirà solo il 1 settembre e prevede l'assunzione di 74 tecnici della prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro che rafforzeranno gli organici delle Asl di Prato (50) e di Firenze, Empoli e Pistoia (24), l'area a più alta concentrazione di aziende manifatturiere cinesi (che oltre all'abbigliamento producono pelletteria e mobili).
Nel triennio 2014-2016 i tecnici controlleranno tutte le 7.700 aziende manifatturiere cinesi attive a Prato, Empoli, Firenze e Pistoia, con un ritmo di ispezioni cinque volte superiore a quanto previsto dalle norme nazionali. Ma le aziende che non aderiranno al Patto – annuncia ora la Regione – e «soprattutto quelle che pensano di sfuggire ai provvedimenti di chiusura e sequestro riaprendo sotto altro nome», saranno tra le prime a essere controllate.

Di conseguenza chi aderirà al Patto potrà contare sul posticipo dei controlli, in modo da avere tempo per mettersi in regola. Ufficialmente non è una moratoria, ma poco ci manca. L'adesione al Patto, secondo la Regione, potrà essere patrocinata da un'associazione di categoria che, in collaborazione con gli ordini professionali, si attrezzerà per aiutare le aziende in questo percorso con un supporto professionale qualificato e a costi sostenibili. «Spero che siano centinaia gli imprenditori cinesi che aderiranno al Patto», aveva detto il presidente regionale Rossi nel maggio scorso.

L'obiettivo primario è uno solo: rendere sicure le condizioni di lavoro nel distretto cinese dell'abbigliamento low cost di Prato (4.000 aziende, 30mila addetti, 2 miliardi di giro d'affari per oltre il 50% in nero), riportando nella legalità un sistema che è sfuggito di mano alle istituzioni e alle forze dell'ordine, e che rappresenta uno scandalo nazionale.

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