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Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2014 alle ore 08:13.
FIRENZE.
Lanciano il sasso in un terreno paludoso, con l'intento di smuovere le acque: i produttori di borse e portafogli di Confindustria e Cna Firenze, a fianco dei sindacati Cgil, Cisl, Uil, puntano il dito sulle aziende illegali che si annidano, sempre più, nel distretto fiorentino della pelletteria di lusso, prezioso bacino manifatturiero delle griffe mondiali - da Gucci, Prada, Tod's, Ferragamo, Bulgari, Fendi fino a Chanel, Dior, Cartier, Vuitton, Yves Saint Laurent, Celine, Montblanc - che sta continuando a crescere (+4,5% l'occupazione) e a macinare ordini.
«Vogliamo essere lo scrigno europeo della manifattura e dell'artigianalità», è il proposito dei pellettieri-terzisti. E però «il settore è sotto l'attacco di un distretto parallelo che cresce fuori dalle regole della sicurezza dei prodotti e dei lavoratori», denunciano Franco Baccani, presidente della sezione pelletteria di Confindustria Firenze, e Andrea Calistri, presidente di Cna Firenze, affiancati dai sindacati.
L'attacco - spiegano - proviene da un drappello di aziende italiane e, soprattutto, cinesi, che sono inserite nelle filiere di fornitura e subfornitura dei grandi e piccoli marchi della pelletteria. E che stanno guadagnando spazi pericolosi. Lo spauracchio del resto è dietro l'angolo: il distretto cinese degli abiti low cost di Prato, nato e cresciuto alla luce del sole a 10 chilometri di distanza grazie all'illegalità non contrastata.
«Non vogliamo fare quella fine - sottolineano pellettieri e sindacati fiorentini - e per questo lanciamo l'allarme e chiediamo aiuto a istituzioni e forze dell'ordine. Tolleranza zero nei confronti di illegalità di ogni tipo - aggiungono - Firenze e la Toscana devono diventare una zona franca dal falso e dall'illegalità».
E c'è di più. Confindustria e Cna Firenze, sostenute dai sindacati, hanno deciso di fare il primo passo e di impegnare le aziende di pelletteria associate (rispettivamente 120 e più di 400) a intraprendere, nel giro di sei mesi, un processo di tracciabilità che porterà a rendere trasparenti tutte le fasi produttive. Ma chiedono alle griffe di fare altrettanto: «I committenti devono adottare sistemi di controllo della filiera e aiutare in questo processo di trasparenza». Qualche nome ha già cominciato a farlo, altri ci stanno pensando.
«La pelletteria si candida a essere una best practice - aggiunge Bernardo Marasco, segretario fiorentino della Filctem-Cgil - nel produrre qualità e legalità. Vogliamo qualificare il territorio e debellare tre effetti nefasti: l'illegalità mina la credibilità del made in Tuscany, produce concorrenza sleale e intacca le competenze del distretto». Per questo aziende e sindacati fiorentini si impegnano fin d'ora a denunciare ogni caso di deviazione dalle regole. In ballo c'è la crescita di un distretto passato in 20 anni da culla di artigiani no-brand a concentrazione di "saper fare" di alta qualità a servizio dei grandi marchi del lusso: 2.500 aziende specializzate nella fattura di borse, portafogli e valigie con 17mila addetti e quasi 6 miliardi di fatturato per il 50% all'export. «La pelletteria sta trainando la ricostruzione economica di Firenze e va tutelata», è l'imperativo.
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