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Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2014 alle ore 08:13.
L'ultima modifica è del 19 luglio 2014 alle ore 16:39.

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L'Eni non chiude ma riconverte. E questo principio vale anche per la raffineria siciliana di Gela (Caltanissetta), che avrà un futuro nella produzione di bio-diesel e come centro di formazione interna al gruppo sui temi della salute e dell'ambiente. Lo afferma, in questa intervista al Sole 24 Ore, Salvatore Sardo, Chief Downstream & Industrial Operations Officer di Eni.

Dottor Sardo, perché l'Eni ha deciso di ristrutturare il settore della raffinazione?
Il settore della raffinazione è in crisi da diversi anni, non solo a livello italiano ma a livello europeo. Dal 2006 al 2014 i consumi petroliferi sono calati del 15% in Europa e del 30% in Italia. In Europa, negli ultimi cinque anni, sono state chiuse 17 raffinerie petrolifere, di cui quattro in Italia (una di Eni a Porto Marghera, non chiusa ma riconvertita in raffineria verde).

Malgrado le chiusure, permane una situazione di sovraccapacità in Italia e in Europa: ha qualche dato?
A livello europeo persiste una sovraccapacità di raffinazione molto rilevante stimata in circa 120 milioni di tonnellate annue, pari al 140% dell'intera capacità di raffinazione italiana (il tasso medio di utilizzo degli impianti è tra il 60 e il 75%, ndr). In Italia poi, stante i dati dell'Unione petrolifera, la sovraccapacità è stimata in circa 40 milioni di tonnellate, ossia l'equivalente di 6-7 raffinerie di Gela.

E le prospettive quali sono?
La situazione generale sta peggiorando; nei primi tre mesi dell'anno il margine di raffinazione, già in forte discesa negli ultimi anni, si è praticamente dimezzato da circa quattro dollari al barile a circa due dollari al barile. Questa situazione ha avuto impatti su tutto il settore della raffinazione Eni, che ha perso quasi quattro miliardi dal 2009 al 2014, di cui solo Gela ne rappresenta un miliardo.

Qual è il piano Eni per Gela?
Non si parla di chiusura ma di riconversione; non licenzieremo nessuno dei nostri 970 dipendenti. Dirò di più: siamo disponibili a incrementare gli investimenti dai 700 milioni previsti a oltre due miliardi, in un progetto ampio che potrebbe coinvolgere altri settori, ad esempio l'esplorazione di idrocarburi, la raffinazione verde, e anche un centro mondiale di formazione manageriale sulle tematiche di salute, sicurezza e ambiente. Eni ha già affrontato situazioni simili a quella di Gela, cioè impianti industriali in perdita strutturale.

Quali situazioni?
A Porto Torres, in Sardegna, dove abbiamo convertito la struttura alla chimica verde recuperando risorse: è la prova che Eni quello che si impegna a fare, lo fa.

Cosa succederà ai dipendenti Eni a Gela?
Non licenzieremo nessuno.

Vi accusano di andarvene lasciando dietro di voi danni all'ambiente: cosa rispondete?
Sempre precisando che non ce ne andiamo, noi siamo attentissimi all'ambiente. Se Eni libera delle aree industriali per altri utilizzi, le bonifica a norma di legge.

Come mai a Gela non riavviate la raffineria?
La raffineria è chiusa in seguito a un incendio che aveva imposto la fermata tecnica della raffineria. Successivamente ci siamo chiesti se aveva senso ripartire, viste le condizioni di mercato. Al momento la raffineria è ferma, non produce.

Quali interventi avete in programma su altri stabilimenti italiani?
È evidente che il settore della raffinazione è in crisi, esamineremo altri interventi caso per caso, sempre con la massima salvaguardia per i posti di lavoro.

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