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Questo articolo è stato pubblicato il 25 luglio 2014 alle ore 10:56.
L'ultima modifica è del 25 luglio 2014 alle ore 10:58.

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Fare massa critica e sviluppare la filiera produttiva, che già esiste in Italia, ma che è priva di un'organizzazione e di una struttura identitaria che dia forza e peso. Raggruppare tutti gli operatori del settore, non solo chi produce le parti meccaniche o i software, ma anche i prototipisti, gli enti di controllo, le università, le società di formazione, gli esperti piloti. Sviluppare competenze e potenziare le reti d'impresa, in un settore di tecnologie di servizi in cui l'Italia, nonostante le capacità, è ancora troppo indietro.

È questo l'obiettivo della neonata AIDroni, l'Associazione italiana droni presentata ieri a Padova – una delle due sedi nazionali assieme a Potenza, aree in cui, per motivi legati alla meccatronica nel primo caso e all'aerospazio nel secondo, c'è un più marcato sviluppo di operatori in questo settore –, che vuole, non solo far conoscere la complessità che ruota attorno all'argomento droni (dalla regolamentazione aeronautica alla tutela della privacy), ma anche collocare il settore su un più alto piano industriale, dove il mercato è apertissimo e ricco di opportunità. «L'associazione nazionale nasce per favorire l'utilizzo dei droni – spiega la presidente Luciana De Fino, già vice presidente di Confindustria Basilicata e vice presidente del Comitato nazionale di coordinamento territoriale di Confindustria Servizi Innovativi, nonché rappresentante della Air Drone, azienda potentina specializzata nel monitoraggio ambientale –. Gli impieghi sono innumerevoli: dai controlli ambientali ai rilievi archeologici, dalla mappatura catastale allo studio dei fenomeni atmosferici, dalle verifiche strutturali in edilizia alle ricostruzioni digitali in 3D, dal controllo degli impianti civili alle riprese televisive, alle consegne a domicilio...».

Gli operatori in campo
Sono circa 600 gli operatori e i prototipisti che in Italia, a livello artigianale, producono e costruiscono droni (macchine il cui costo produttivo può arrivare a un milione di euro), ma sono ancora poche le aziende che, dalla meccanica, sperimentano nuove linee di prodotto. «Spesso ci si arriva per passione – spiega Ruggero Corazza, ex aliantista e oggi titolare della società trevigiana che porta il suo nome –. La mia azienda si occupa di restauri e illuminotecnica, ma per passione ho voluto provare ad assemblare un prototipo di drone; è piaciuto e ora viene utilizzato dalle società di rilevazioni». «Stiamo facendo accordi con alcuni comuni italiani – aggiunge Claudio Canella, vice presidente di AIDroni e amministratore unico di Cardtech, azienda padovana che fornisce chiavi in mano drone e pilota in base alle esigenze del cliente –. Ma, nonostante l'Enac certifichi il costruttore, c'è ancora una difficoltà da parte degli enti locali a protocollare rilievi cartografici, effettuati con il sistema digitale dei droni. Questo freno burocratico è molto forte».

La normativa
L'Enac, proprio lo scorso dicembre, ha normato il settore, equiparando i droni agli aeromobili. Mancano però regole precise sull'utilizzo in sicurezza degli spazi aerei. «Senza queste regole l'impresa non può operare – dice il padovano Gianni Potti, vice presidente di AIDroni e presidente Cnct di Confindustria Servizi Innovativi, nonché presidente di Fondazione Comunica – e senza una formazione ad hoc non si può pensare di poter gestire un drone». Ecco allora la prima concreta iniziativa della associazione (che aderirà a Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici): da ottobre partiranno corsi specifici per informare e formare operatori e futuri piloti. Si tratta di percorsi di formazione specifici, organizzati da Fondazione Comunica, che preparano piloti di droni e operatori specializzati all'ingresso nel mondo delle imprese utilizzatrici.

La scuola
«Questa associazione ha voluto creare prima di tutto una scuola - spiega Eugenio Poggini, controllore di volo – bisogna formare i giovani perché manca la competenza. L'Enac permetterà l'utilizzo completo dei droni se certifica che esso è fondato sulla sicurezza». E sicurezza significa tante cose: dalla competenza nel pilotare lo strumento alla conoscenza del margine di errore (che si riduce a 3 centimetri in condizioni ottimali); dalla osservanza delle aree di volo protette e della quota permessa (solo 150 metri dal suolo) alla conoscenza dei dispositivi di terminazione di volo. «Ci vogliono molte ore di formazione, specifiche in base alle capacità del futuro pilota – aggiunge Poggini – la preparazione deve essere molto seria e passare attraverso i simulatori di volo». «La speranza – conclude Gianni Potti - è quella di dare a tutti i protagonisti di questa manifattura digitale, artigiani del futuro, una filiera strutturata, una rete di contatti e di informazioni complete. Per questo abbiamo già preso contatti con realtà della Puglia, della Campania e della Lombardia».

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