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Questo articolo è stato pubblicato il 26 luglio 2014 alle ore 08:13.

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Sarà Volkswagen o Peugeot il prossimo socio di Fiat? Di fronte alle smentite (quanto meno su accordi globali a breve), partiamo dall'ipotesi che entrambe le voci siano infondate; potrebbero essere solo speranze e proposte di banchieri a caccia di business. Ma conviene chiedersi: perché Fiat potrebbe avere interesse a cercare un partner e quali problemi di Fiat potrebbero essere risolti da un partner?
Fiat Chrysler (Fca) è fortemente indebitata, ha una presenza europea ormai ridotta e con i conti in rosso, è ancora piccola in Cina. In Europa Fiat è in perdita (come molte concorrenti, Peugeot compresa) perché è diventata piccola e perché la sovracapacità produttiva ha scatenato una guerra dei prezzi. Secondo un recente studio della AlixPartners, la capacità in Italia è utilizzata al 46% nel 2014 contro il 78% del 2007; negli stessi sette anni la Francia è scesa dal 77% al 70 per cento. Il valore che permette ai costruttori di raggiungere il pareggio è stimato tra il 70 e l'80 per cento.
Un'eventuale intesa ridurrebbe i costi di sviluppo dei nuovi modelli. Secondo Stefano Aversa, presidente di AlixPartners per l'area EMEA, «un'intesa con un partner industriale darebbe a Fiat chiari vantaggi, riducendo costi e tempi di sviluppo; i prodotti diventerebbero prodotti più competitivi, favorendo gli aumenti di volumi previsti dal piano 2014-2018». La soluzione al problema della sovracapacità richiederebbe però tagli drastici e difficilmente praticabili sul piano politico, soprattutto con Peugeot che ha già faticato a far digerire a Governo e sindacati l'eliminazione di 8mila posti di lavoro in Francia e la chiusura dello stabilimento di Aulnay.
Dal punto di vista finanziario può Fca, con un debito netto industriale di 10 miliardi di euro, finanziare l'ambizioso piano di investimenti annunciato a maggio? Difficile. Così si spiegano le dichiarazioni prudenti di Sergio Marchionne già a Detroit («i 5 miliardi sull'Alfa Romeo dipenderanno dal successo del primo modello») e quelle di mercoledì, quando sull'investimento per la Maserati Levante a Mirafiori ha avvertito che «bisogna stare attenti a non affollare il mercato con modelli nuovi». Spiegazione curiosa, visto che il Levante arriverebbe sul mercato al più presto due anni dopo la Ghibli e che il piano Alfa Romeo, per esempio, prevede otto novità in quattro anni.
Il manager ha finora escluso drasticamente l'ipotesi di un aumento di capitale e rinviato ogni decisione su un eventuale prestito convertendo a dopo la quotazione a Wall Street; prima di essa dovrebbero arrivare invece le cessioni delle quote in Cnh Industrial e delle azioni proprie Fiat, in grado di fruttare qualche centinaio di milioni. A medio termine un partner «forte» potrebbe essere la soluzione (anche se Peugeot, pur avendo ottenuto un salvagente con l'aumento di capitale da 3 miliardi di euro, resta fragile).
In caso di intesa azionaria (con Peugeot o con altri) si potrebbero chiedere fondi al mercato, anche se i casi di aumenti di capitale per finanziare integrazioni industriali non sono frequenti. Ciò porrebbe per la famiglia Agnelli lo stesso dilemma dei Peugeot: diluirsi pur di assicurare un futuro al gruppo o arroccarsi in difesa? I francesi hanno temporeggiato e sono poi stati costretti dalla crisi a cedere di fatto il controllo nelle condizioni peggiori.
Con l'operazione Fca gli Agnelli saranno in grado (grazie anche al meccanismo dei diritti di voto doppi) di mantenere il controllo anche con una diluizione di capitale: saranno quindi nelle condizioni migliori per gestire la ricerca di un nuovo partner. È probabile che, in attesa di chiudere il trasloco in Olanda, Elkann e Marchionne stiano già lavorando a una soluzione.
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