Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2014 alle ore 08:12.
L'ultima modifica è del 27 luglio 2014 alle ore 13:51.

My24

Nata nel 1957 su impulso italiano – e italiano fu il suo primo presidente Pietro Campilli – come strumento finanziario al servizio delle aree deboli e segnatamente del Mezzogiorno, oggi la Banca europea per gli investimenti (Bei) proprio nel Mezzogiorno non riesce a essere presente ed efficace come si vorrebbe e potrebbe (si veda Il Sole 24 Ore di mercoledì 23 luglio).
Questa circostanza, di per sé preoccupante, assume maggiore importanza alla luce del programma lanciato dal neo presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker che proprio all'Istituto con sede in Lussemburgo assegna un ruolo centrale nella gestione di parte dei 300 miliardi d'investimenti promessi per i prossimi tre anni.
La Bei, secondo questo schema, dovrà sempre con sempre maggiore evidenza occuparsi della crescita lasciando alla Banca centrale europea (Bce) guidata un altro italiano, Mario Draghi, il compito di garantire la stabilità. Juncker, dunque, si dispone a dotare la sua presidenza di acceleratore e freno per dare sostanza al patto europeo che parla appunto di stabilità e crescita.
A questo punto occorre domandarsi che cosa tenga lontano il Mezzogiorno dall'opportunità di attivare le leve del proprio sviluppo. E la risposta risiede nella scadente capacità progettuale delle amministrazioni locali aggravata dal costo, ritenuto proibitivo, dei servizi offerti dalla banca.
Insomma, bassa cultura del progetto e alti costi di gestione rendono difficile il rapporto tra le regioni meridionali e le istituzioni europee con conseguente difficoltà a spendere i fondi disponibili, al di là delle limitazioni imposte dal patto di stabilità. E sono in pochi a scommettere su una prossima inversione di tendenza.
Come fare, allora, per avvicinare strumenti e obiettivi e fare in modo che la Bei possa tornare a essere una leva per la crescita del Mezzogiorno? Un rimedio ci sarebbe e a suggerirlo è l'italianissimo - con radici campane piantate nella costiera amalfitana - vice presidente Scannapieco: basterebbe allargare all'Italia un beneficio oggi riconosciuto ai paesi nuovi entranti.
Di che cosa si tratta? Niente di trascendentale ma, laddove applicato, il rimedio si è mostrato molto fruttuoso. In pratica la Bei è autorizzata a mettere a disposizione di chi lo richiede (a titolo gratuito, paga la Commissione) una variegata tipologia di consulenti tecnici che aiutino a progettare, realizzare, rendicontare, con grande soddisfazione per gli utilizzatori e le autorità europee.
Date le condizioni in cui versano gli uffici italiani e in specie quelli del Sud questa soluzione dovrebbe rivelarsi vincente e il premier Renzi potrebbe negoziarla senza troppi affanni dal momento che il clima appare favorevole al suo accoglimento e il presidente Juncker, di fronte a tanta disoccupazione, batte molto sul tasto degli investimenti.
Come talvolta accade, sembra profilarsi un'interessante unità d'intenti anche sul versante della cultura. Su impulso del Denaro e della Fondazione Mef è di pochi giorni fa la definizione a Ischia di un Manifesto per la rinascita del Mezzogiorno che mette l'accento su tre elementi portanti - Economia, Etica, Estetica - da cui ripartire per smuovere le coscienze e mobilitare le competenze.
Si tratterebbe in pratica di recuperare lo spirito costruttivo del primo Dopoguerra riscoprendo i principi e i valori che condizionarono e provocarono la ripresa dell'economia in Europa, e in particolare nel Mezzogiorno d'Italia, grazie anche e forse soprattutto ai buoni uffici della Banca Mondiale e dei suoi dirigenti.
Proprio al suo mitico presidente Eugene Black e alla cornice internazionale che ne definì le scelte, l'economista Paolo Savona con Giovanni Farese dedica il suo ultimo libro (Il banchiere del mondo, Edizioni Rubbettino) offrendo uno spaccato di uomini intenzioni e azioni che potrebbe tornare utile a un rinnovato impegno oggi.
Oltre che il volume su Black Savona contribuisce a scrivere anche il documento di Ischia – già battezzato delle 3E – assieme a un altro economista, un sociologo e uno scienziato: Dominick Salvatore, Domenico De Masi, Luigi Nicolais. Le adesioni raccolte sono quasi cento e crescono di giorno in giorno. Si prevedono nuovi appuntamenti pubblici e proselitismo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi