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Questo articolo è stato pubblicato il 28 luglio 2014 alle ore 15:34.

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Piacenza – Dopo gli scontri di sabato culminati con tre feriti, non ci sono più spazi di mediazione tra i facchini guidati dai Si Cobas, da un lato, e Ikea e cooperativa San Martino dall'altro. Il Comune di Piacenza, a differenza di un anno e mezzo fa, ha escluso la possibilità di attivare un tavolo istituzionale di confronto per porre fine ai picchetti davanti al polo logistico piacentino della multinazionale svedese: la corda sembra essersi rotta. «Il sindacato – dice il sindaco della città emiliana Paolo Dosi – usa l'arma del ricatto con una forma di protesta che impedisce agli altri lavoratori di accedere allo stabilimento.

Singolarmente ho ricevuto tutti i facchini che sono stati licenziati. Ma mi rifiuto di intraprendere ulteriori azioni di mediazione». Parole che testimoniano come la mattinata di picchetti di sabato, con il ferimento di una giovane manifestante e di due carabinieri, abbia sortito l'effetto di isolare i Si Cobas. Schierati con loro, nella richiesta di reintegro dei 24 facchini licenziati dalla cooperativa San Martino, che gestisce in appalto il servizio di movimentazione merci di Ikea, restano solo gli attivisti dei centri sociali. E appaiono davvero lontani i tempi in cui riuscivano ad ottenere l'apertura di una trattativa. La freddezza del sindaco è dovuta anche al timore che la protesta possa compromettere i piani di sviluppo del polo logistico piacentino. Uno sviluppo che vede proprio nel colosso scandinavo uno dei principali protagonisti.

I vertici di Ikea hanno infatti manifestato al sindaco la volontà di realizzare ulteriori investimenti a Piacenza per ampliare la piattaforma logistica. «Una espansione dettata dalla necessità – spiega Dosi – di soddisfare la domanda in crescita che arriva dai mercati del Medio Oriente e che comporta nuove superfici e nuovi posti di lavoro». La tensione resta altissima. La protesta dei facchini si è parzialmente ridimensionata ma i Si Cobas annunciano nuove mobilitazioni. Il primo cittadino è anche convinto che il sindacato abbia puntato su un gigante come Ikea per ottenere una visibilità nazionale. E mentre i carabinieri, dopo aver acquisito i filmati che documentano gli scontri della scorsa settimana, sono impegnati nella ricerca dei responsabili dell'aggressione alle forze dell'ordine, i dirigenti di Ikea condannano ancora una volta i picchettaggi, con il tentativo di blocco dei camion in entrata in uscita dallo stabilimento: la protesta, dicono, «non ha nulla a che vedere con i diritti dei lavoratori». I provvedimenti a carico dei facchini licenziati sarebbero infatti dovuti solo a questioni legate alla sicurezza e alla legalità.

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