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Questo articolo è stato pubblicato il 02 agosto 2014 alle ore 17:08.

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"Potremmo anche consegnare le chiavi delle nostre aziende a Palazzo Chigi". Il presidente di Confindustria Taranto, Vincenzo Cesareo, la butta come ipotesi all'indomani della manifestazione che ha visto sfilare nelle strade della città duemila persone tra imprenditori e loro dipendenti in segno di protesta contro il rischio di disertificazione industriale e la crisi Ilva, ma è chiaro che dopo il corteo e gli striscioni di protesta di ieri ("Industria ultima fermata") si pensa già a nuove iniziative. "Non ci fermiamo, non possiamo fermarci - dice Cesareo -.

Lunedì terremo un direttivo di Confindustria Taranto nel quale faremo il punto della situazione e decideremo il da farsi. La manifestazione di ieri è riuscita, sto ricevendo tante attestazioni, però bisogna continuare a tenere alta l'attenzione. L'autoconvocazione a Roma sotto Palazzo Chigi, con la consegna delle chiavi delle nostre imprese, potrebbe essere una mossa. Un'altra ipotesi può essere quella di chiedere al Governo e al commissario dell'Ilva di fare una sorta di ceck dei fornitori e dei soggetti con i quali ci sono rapporti contrattuali al fine di decidere una diversa modulazione dei pagamenti. Magari ci sono anche grandi realtà con cui si può anche concordare una dilazione. Vedremo".

Nell'incontro avuto ieri col prefetto di Taranto al quale è stato consegnato il documento per il premier Renzi, Cesareo ha detto che l'esposizione dell'Ilva verso le imprese appaltatrici e fornitrici sfiora ormai i 100 milioni di euro in quanto alle ultime stime si sono aggiunti i pagamenti non ancora saldati di giugno e luglio. "I crediti maturati nei confronti dell'Ilva sono il primo aspetto che vogliamo veder sbloccato - aggiunge il presidente di Confindustria Taranto -. Queste risorse sono vitali per le nostre aziende e per il mantenimento dei posti di lavoro. Qualora non arrivassero, è evidente che le aziende dovranno licenziare". Non a caso, infatti, nel documento per Renzi si dice al riguardo: "C'è la situazione - particolarmente grave - legata alle aziende dell'indotto. Aziende che più di altre, stanno pagando, allo stremo delle loro forze e dopo mesi di reiterato mancato pagamento dei lavori svolti, in termini di riduzioni drastiche del loro personale e in più di qualche caso di chiusure , che diventeranno di massa da qui - al massimo - ad un mese. Occorre, per queste aziende, lo sblocco immediato dei pagamenti dovuti dall'Ilva. E' urgente garantire loro le risorse dovute, che ora diventano essenziali per poter attestare, alla ripresa della pausa estiva, la loro reale continuità lavorativa".

Solo che i soldi alle imprese possono venire se si sblocca il prestito ponte che l'Ilva ha chiesto alle banche (Intesa, Unicredit e Banco Popolare) e in proposito non ci sono ancora novità sostanziali. Il commissario Piero Gnudi ha incontrato di nuovo le banche nei giorni scorsi e si continua a trattare. Le banche intenderebbero dare al commissario molto meno di quanto ha chiesto (650 milioni è stata la sua richiesta) e soprattutto pongono il problema di capire chi sarà il nuovo azionista dell'Ilva. Gnudi ha intanto dichiarato giorni addietro che spera di concludere con le banche entro agosto. Quel che è certo è che la prededuzione inserita nell'ultimo decreto legge a favore dei finanziamenti che le banche avrebbero concesso all'Ilva (una sorta di garanzia nei confronti degli istituti di credito) non ha ancora determinato una schiarita sul fronte della liquidità. Gli stipendi di giugno, in pagamento il 12 agosto, non sono però a rischio. Anzi, dicono i sindacati, in quella data dovrebbe anche essere pagato il premio di produzione che non è stato pagato il mese scorso perchè non c'erano soldi.

Infine ci sono valutazioni positive sulle nuove nomine di vertice fatte da Gnudi e rese pubbliche ieri: Roberto Renon, managing director del gruppo (di fatto un amministratore delegato), e Marco Pucci, direttore commerciale del gruppo. Il primo viene da Enel, dove era responsabile di Generazione e sviluppo impianti (e Gnudi è stato presidente dell'Enel anni addietro), il secondo, invece, era amministratore delegato di Acciai Speciali Terni con particolare delega proprio al ramo commerciale. "Un'azienda così grande e complessa - commenta Marco Bentivogli, segretario nazionale Fim Cisl - aveva bisogno di ricostruire al più presto una governance, tanto più che si trova ad affrontare un momento difficilissimo".

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