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Questo articolo è stato pubblicato il 07 agosto 2014 alle ore 07:46.

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Piccole fonti di luce rompono la lunga notte della nostra economia. Non sono lumini da camposanto. Sono lucciole. Minuscole, ma vitali. Si tratta delle specializzazioni produttive che, contraddicendo la litania statistica noir che segna con passo vagamente funereo la recessione italiana, restituiscono impulsi e speranze a un tessuto industriale contratto e a rischio disgregazione. Nella giornata contraddistinta dalla stima preliminare dell'Istat del Pil del secondo trimestre 2014 (-0,2% sul trimestre precedente e -0,3% in confronto al secondo trimestre del 2013) e dal cospicuo calo (-1,7%, a maggio) degli ordini dell'industria tedesca, nostro principale partner strategico, ecco che l'indicatore della produzione industriale – per quanto sia metodologicamente il più ambiguo e il più discusso dagli studiosi nella sua capacità di rappresentare l'andamento reale delle cose – offre una buona idea del profilo articolato e complesso dell'economia italiana.

Usando il criterio dei macro raggruppamenti industriali, sarà interessante capire la natura di questo mese di giugno. Rimbalzo tecnico o punto di svolta? Di certo il +2,5% dei beni di consumo e il +2,6% dei beni strumentali (rispetto a maggio) indicano una reattività che riguarda le due fisiologie più intime del capitalismo italiano: la produzione di beni – durevoli e non durevoli – rivolti ai consumatori e la fabbricazione di beni e macchinari destinati ad altre fabbriche, ancora oggi il core business di pezzi interi dell'Italia, dall'Emilia Romagna alla Lombardia, dal Veneto alle Marche. Peraltro, pure la dinamica di medio periodo – riscontrabile dal raffronto con un anno prima – appare fornire alcuni segnali deboli da curare con grande attenzione, affinché non si spengano e anzi divengano un nuovo ritmo di fondo che possa cambiare la musica: il +4% dell'agroalimentare e il +3,9% dei prodotti a contenuto elettronico e elettromedicale mostrano come la narcotizzazione dell'organismo industriale italiano non sia completa. Lo stesso vale – usando il riferimento temporale del primo semestre di quest'anno, sullo stesso periodo 2013 – per la fabbricazione di prodotti in metallo (+4,8%) e di quelli in gomma-plastica (+3,2%). Industria classica italiana, dunque. Originata dalla civiltà contadina e generata dall'industrializzazione novecentesca, tutta innovazione marginale e di processo, saper fare e spirito imprenditoriale. Oggi o domani che sia, l'Italia non potrà che ripartire da questo.

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