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Questo articolo è stato pubblicato il 08 agosto 2014 alle ore 06:37.

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MILANO
L'embargo russo costa all'agroalimentare italiano oltre 100 milioni l'anno, ma a rischio è tutto il nostro export agroalimentare verso la Russia che vale circa 700 milioni di euro: sono queste le stime di Federalimentare sull'impatto economico derivante dai divieti alle importazioni adottate da Mosca dopo le sanzioni della Ue per la crisi ucraina. L'Ice stima che nel 2015 le perdite saliranno a 250 milioni.
«Le sanzioni sono spesso inutili - osserva Luigi Scordamaglia, vicepresidente di Federalimentare e Assocarni – ma nei confronti della Russia sono addirittura controproducenti. L'Unione europea dimentica costantemente che siamo noi ad aver bisogno della Russia e non viceversa. Europa e Russia sono obbligate all'integrazione commerciale e queste sanzioni favoriscono i nostri competitor».
I divieti imposti da Mosca prevedono un embargo totale su carne di manzo, carne suina e avicola, frutta e verdura, latte e formaggi dai Paesi dell'Ue, dagli Usa, ma anche da Australia, Canada e Norvegia. «La via delle sanzioni è un vicolo cieco - ha detto ieri il premier russo Dmitri Medvedev - ma la Russia è stata costretta a reagire». Dalle contro sanzioni, che prendono di mira per ora l'agroalimentare europeo, sono esentate alcune categorie, in particolare il cibo per l'infanzia e gli alcolici.
L'embargo durerà un anno, ma il premier ha subito messo in chiaro che sarà possibile ridurre il periodo «se i nostri partner mostreranno un atteggiamento costruttivo».
Gli analisti di Capital economics hanno calcolato che la Russia nel 2013 ha importato alimenti oggi "proibiti" per 7,1 miliardi di euro dai paesi sanzionati. «La Germania – sottolinea Paolo Bono, economista di Nomisma – è il primo esportatore di carne verso la Russia e la Polonia, anche per la vicinanza geografica, di ortofrutta. L'Italia esporta ortofrutta per 80 milioni. Il danno è evidente e potrebbe diventare permanente: in seguito, sarà molto difficile scalzare i nuovi fornitori». Infatti i russi, nell'intento di spezzare il fronte occidentale, sostengono che lo stop agli europei apra le porta ai produttori locali, ma anche a Bielorussia, Uzbekistan, Brasile e Argentina.
«La presidenza italiana della Ue - conclude Scordamaglia – potrebbe favorire una politica di dialogo e normalizzazione dei rapporti a differenza dell'approccio, spesso sbagliato, che in passato, anche sulle questioni commerciali, ha tenuto la Commissione europea».
Diventa critica la situazione nell'ortofrutta, già in grande difficoltà per l'eccesso di produzione di frutta e per i prezzi riconosciuti ai produttori inferiori ai costi di produzione. «Piove sul bagnato – esordisce, avvilito, Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative e di Conserve Italia - L'ortofrutticolo è tra quelli più esposti da questa crisi: solo nel 2013 l'Italia ha esportato in Russia 80mila tonnellate di frutta con 4mila Tir. Inoltre con l'embargo russo, la produzione di Grecia e Spagna si scaricherà sull'Europa con effetti drammatici». Recentemente Conserve Italia, Caviro e Apo Conerpo hanno avviato un consorzio in Russia per commercializzare frutta fresca e trasformata e vino, ma «ora saranno solo costi» osserva Gardini.
Bruxelles aiuterà le imprese danneggiate dall'embargo? «Domani (oggi per chi legge ndr) saremo ancora a Bruxelles - ricorda Gardini – per avere dal commissario Dacian Ciolos una risposta, insieme ai produttori di Francia, Spagna e Grecia, sulla crisi della frutta estiva. Ma se i tempi di risposta della Commissione saranno gli stessi rischiamo di chiudere».
Nuvoloni grigi anche su salumi e formaggi. «Il danno maggiore - spiega Augusto Cremonini, dg di Inalca food & beverage - è per la filiera italiana dei salumi e dei formaggi di alta qualità: negli ultimi anni queste aziende avevano espresso tassi di crescita interessanti. Il mio gruppo ogni mese esporta in Russia centinaia di migliaia di tonnellate di tagli di carne che poi trasformiamo in hamburger, anche per McDonald's. Ora saremo costretto a rifornirci in altri Paesi».
Il gruppo Cremonini, da 30 anni in Russia, ha stabilimenti di produzione di carni a Mosca, Pietroburgo, Rostov, Ekaterinburg e controlla varie piattaforme distributive che gestiscono oltre 2mila prodotti alimentari destinati a 3mila clienti. Il gruppo modenese, che sta per inaugurare un macello a Orenburg del valore di 35 milioni di euro, fattura 3,5 miliardi e in Russia realizza un giro d'affari di 300 milioni, a metà tra macellazione e foodservice. «Lo sgarro maggiore all'Europa - conclude Cremonini – è che i russi in un giorno hanno riabilitato 28 macelli brasiliani, in precedenza chiusi per la mancanza degli standard minimi».
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