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Questo articolo è stato pubblicato il 15 agosto 2014 alle ore 06:38.

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TARANTO
Ritenuti l'intervento simbolo della bonifica del quartiere Tamburi di Taranto, il più esposto per decenni all'inquinamento dell'Ilva, i lavori di riqualificazione di cinque scuole, per una spesa di 9,3 milioni di euro, erano attesi già nella scorsa estate, nel periodo di interruzione delle lezioni. Invece non sono partiti nemmeno quest'estate. Lanciato il bando di gara a maggio scorso, ora si stanno esaminando le offerte delle imprese e se tutto andrà bene si conta di chiudere il contratto in autunno. Ci vorranno altri mesi, quindi, prima di vedere i cantieri nelle scuole da risanare. La farraginosità delle procedure e la penuria di risorse – solo 119 milioni previsti per ora per la bonifica esterna al siderurgico, ma solo 63 quelli disponibili realmente – sono i due ostacoli con i quali è chiamato a fare i conti il nuovo commissario alla bonifica di Taranto, Vera Corbelli, insediata da appena un mese al posto di Alfio Pini che, andato in pensione da comandante generale dei Vigili del fuoco, ha lasciato anche l'incarico di commissario assunto a gennaio 2013.
Il mancato avvio del risanamento all'esterno del siderurgico fa ovviamente il paio con la stasi dei lavori nella fabbrica dove l'Ilva non ha i soldi per attuare l'Autorizzazione integrata ambientale. Lentezze che generano sfiducia e portano molti tarantini a ritenere che inquinamento e relativo degrado non verranno mai rimossi. Che la burocrazia non abbia aiutato la bonifica esterna a camminare con un passo più veloce, è un dato che lo stesso Pini ha evidenziato. Poi le insufficienti risorse e la mancanza della figura del commissario per circa due mesi, hanno fatto il resto. Ora ci sono interventi da cantierare (le scuole dei Tamburi), altri da far avanzare (l'area di Statte, per la quale ci sono 37 milioni mentre nel frattempo è stata fatta la caratterizzazione, una specie di pre-bonifica) e altri su cui decidere la soluzione migliore. È il caso del Mar Piccolo di Taranto, che già anni addietro ha visto sfumare la possibilità del risanamento col mancato utilizzo dei fondi previsti. Adesso si vuole scongiurare il bis, ma prima bisogna valutare se per questo mare interno di Taranto, dove il primo seno è vietato alla mitilicoltura per l'inquinamento, siano più opportuni i dragaggi dei fondali, oppure la copertura degli inquinananti col metodo del "capping", o ancora la biorigenerazione, o i tre interventi insieme. I mitilicoltori premono per avere risposte dal commissario alla ripresa feriale. E Corbelli, che a settembre avrà una serie di incontri, dice che «occorrerà anzitutto adoperarsi per avere le risorse previste dal 2012 e non ancora ottenute, eppoi cercare di ricavare altri fondi dalla programmazione comunitaria 2014-2020. La situazione è delicata e complessa».
Nel frattempo il gruppo franco-indiano Arcelor Mittal rende ancora più evidente il proprio interesse ad acquisire l'Ilva. Marco Bentivogli, segretario nazionale Fim Cisl, annuncia un'evoluzione in proposito affermando che Arcelor Mittal adesso avrà accesso in modo più compiuto alla data room societaria per presentare poi il suo piano industriale entro il 30 settembre in modo che si arrivi alla vendita dell'Ilva entro fine anno. «Giudicheremo Arcelor Mittal sul piano industriale che presenterà – dice Bentivogli –. I nostri paletti sono risanamento ambientale, tutela dell'occupazione e piena sostenibilità della fabbrica con gli investimenti necessari. Diciamo no ad un'Ilva piccola».
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