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Questo articolo è stato pubblicato il 21 agosto 2014 alle ore 13:08.

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Sono ancora una minoranza - il 21,4% del totale, circa 1,3 milioni sui 6 totali –, ma nascono a un ritmo superiore alla media (+0,73% l'incremento registrato tra aprile e giugno di quest'anno, contro una variazione media complessiva dello 0,42%) e approfittano degli spazi che la crisi ha aperto.

La fotografia delle imprese femminili italiane è stata scattata da Unioncamere, con dati aggiornati a giugno 2014. Da un lato la crescita di realtà guidate da donne si intreccia con il fenomeno crescente dell'autoimpiego come risposta alla perdita del posto di lavoro dipendente; dall'altro fa ben sperare la concentrazione di imprese femminili nei servizi alla persona e alle imprese, nel turismo sostenibile, nel recupero delle tradizioni agroalimentari, nella tutela del paesaggio e del patrimonio artistico e culturale, nella direzione di un Paese possibile in cui le maggiori opportunità di benessere verranno dell'incrocio di attività manifatturiere e artigianali con lo sviluppo di servizi a elevato contenuto innovativo e supportati dalle tecnologie della rete.

LA SOLITUDINE AL COMANDO - A pesare maggiormente sulle prospettive delle donne che decidono di fare impresa – segnala l'Osservatorio imprenditoria femminile – restano le difficoltà legate alla solitudine decisionale in cui spesso le imprenditrici si trovano a operare, unite alla frequente insostituibilità (a causa della struttura organizzativa adottata) - della figura dell'imprenditrice nei processi di lavoro e nei rapporti con il mercato. Una condizione, questa, che espone agli imprevisti legati alla vita personale e famigliare della titolare, che spesso finiscono per ricadere sull'azienda rendendola più fragile. Per questo servono risposte sul campo, ad esempio tramite azioni di formazione e assistenza personalizzata (coaching e mentoring), ma anche una politica capace di ascoltare e dare risposte specifiche alla componente imprenditoriale femminile.

TREND IN CRESCITA - Stando ai numeri, rispetto alla media degli imprenditori, le donne che fanno impresa pagano un'esperienza relativamente più breve del mercato, misurata sulla base dell'età delle loro aziende: la quota di imprese femminili nate dopo il 2000 - e dunque con meno di 14 anni di vita - è pari al 65,7% di quelle oggi esistenti (contro il 60,3% della media complessiva), mentre solo il 12,4% può vantare una data di nascita all'anagrafe delle imprese anteriore al 1990.
Alla minore esperienza si associa una più marcata fragilità della struttura organizzativa: il 65,5% delle attività guidate da donne è costituito nella forma di impresa individuale, contro una media del 54%. Si spiega anche così la più marcata prevalenza della taglia extra-small tra le imprese femminili: il 69,5% conta unicamente sulla titolare o al massimo un addetto, mentre il 94,2% non supera la soglia dei 5 addetti (91,6 la media).

SETTORI E DIMENSIONI - Considerando l'attività economica svolta, i settori dove la presenza di micro-imprese rosa è più elevata sono l'agricoltura, le attività finanziarie e assicurative, le attività immobiliari e quelle professionali, scientifiche e tecniche.
Con l'aumentare della dimensione d'impresa, la quota femminile si assottiglia fino a diventare davvero esigua nell'élite delle grandi imprese. Su un totale di 4.276 aziende con più di 250 addetti, quelle guidate da donne sono appena 230 (il 5,4%), e fra le grandi (oltre i 500 addetti), su 1.734 aziende, quelle guidate da donne sono 80 (il 4,6%).
«L'impresa femminile – spiega il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello – si conferma meno strutturata e più sottodimensionata rispetto alla media dell'imprenditoria nazionale, e proprio per questo ha ampi margini di sviluppo che vanno colti per ridare slancio all'occupazione e alla crescita. Va sostenuto e promosso il desiderio di tante donne, capaci e qualificate, che guardano all'impresa e al mercato come un'opportunità per essere protagoniste del proprio progetto di vita. Di fronte a queste aspirazioni e con un'economia che non riparte, le istituzioni hanno il dovere di dare risposte concrete per facilitare questi percorsi. Il sistema camerale, attraverso la rete dei comitati per l'imprenditoria femminile in ogni Camera di commercio, mette a disposizione strumenti mirati allo sviluppo di questi progetti con iniziative per la formazione, l'accesso al credito, l'internazionalizzazione».

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