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Questo articolo è stato pubblicato il 22 agosto 2014 alle ore 06:38.

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MILANO
I segnali di ripresa non mancano, con un aumento in tutta Europa della produzione e del consumo di pannelli in legno che nei primi quattro mesi dell'anno ha fatto registrare un +4% nella produzione di truciolare nel continente (l'Italia è stabile), un +3% nei consumi di prodotti in Mdf (+6% in Italia) e addirittura un +12% per la produzione di Osb.
«Siamo contenti di questi dati – commenta Paolo Fantoni, presidente di Assopannelli e coordinatore dell'Economic Working Group Epf, la federazione che raccoglie all'interno dell'Unione europea oltre 5mila aziende del settore, che generano un fatturato di 22 miliardi e danno lavoro a più di 100mila persone –. Anche perché il comparto dal 2007 a oggi è calato di quasi il 40%. Tuttavia restano alcune criticità che non possiamo nasconderci e che impattano in maniera negativa non soltanto sulla nostra filiera, ma anche su quella dell'arredo e sulla nostra competitività a livello internazionale». Criticità legate a un'unica, grande, questione di fondo: la necessità di reperire una maggiore quantità di legno in un Paese, l'Italia, che è sempre stato riluttante a utilizzare le risorse nazionali, che pure ci sarebbero.
A questa tradizionale mancanza, spiega Fantoni, si aggiungono alcune "aggravanti": l'esplosione nell'uso domestico di caldaie a pellet (l'Italia è il primo consumatore al mondo, con 3,3 milioni di tonnellate nel 2013, contro una produzione di appena 350mila tonnellate) e l'utilizzo di legna da ardere: siamo il primo importatore al mondo (5 milioni di tonnellate nel 2013, su 16 milioni di tonnellate consumate). «Il problema che si pone e si porrà con sempre maggiore urgenza – precisa Fantoni – è la competizione per l'acquisto di legno». Con costi della materia prima che, oltretutto, vanno costantemente aumentando. Le proposte degli imprenditori per rispondere all'emergenza legno sono tre. Innanzitutto l'accordo interregionale siglato a Venezia lo scorso gennaio tra le cinque Regioni del Nord, FederlegnoArredo e Coldiretti, che si propone il raddoppio della superficie destinata a pioppo, da 55mila a 110mila ettari, entro il 2020. E poi un secondo accordo interregionale, ancora in via di definizione, a partire da un'intesa dello scorso giugno con le Regioni Lombardia e Friuli per raddoppiare la quota di prelievo dal 20 al 40% della crescita annua nell'arco alpino. Infine – e questa è una battaglia che si sta conducendo a livello europeo, in sinergia anche con altri Paesi della Ue – «come Assopannelli chiediamo il progressivo abbandono dei sussidi alla combustione del legno nella produzione di energie rinnovabili». Incentivi che, spiega Fantoni, creano una distorsione del mercato, perché i sussidi a chi conferisce gli scarti del legno nelle centrali a biomassa sta mettendo in affanno l'industria europea del legno, che ogni anno utilizza 38,8 milioni di metri cubi di residui industriali legnosi e 15,5 milioni di legno riciclato. «Vogliamo far passare il messaggio – precisa Fantoni – che il legno è un "materiale critico", come è stato definito dalla stessa Commissione europea nel 2011, dunque chiediamo al governo l'applicazione anche in Italia della Risoluzione di Dresda, che prevede l'utilizzo "a cascata" del legno, ovvero un utilizzo che dia priorità al riuso e al riciclo rispetto alla combustione». Applicazione che in altri Paesi, come il Belgio, esiste già, affiancata dalla creazione di enti preposti a stabilire quale sia, di volta in volta, la priorità di utilizzo per il materiale. «Non chiediamo di togliere gli incentivi alle rinnovabili, ma almeno di applicarli soltanto per i nuovi impianti», prosegue il presidente di Assopannelli, che più in generale punta il dito contro la mancanza, in Italia, di una politica per la gestione dell'attività boschiva, che si è andata perdendo negli ultimi 20-30 anni. «Mancano segherie e aziende – spiega –. Abbiamo perso presidi socioeconomici importanti e la possibilità di avere boschi controllati, governati e di qualità. Serve un salto culturale e normativo».
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