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Questo articolo è stato pubblicato il 24 agosto 2014 alle ore 08:12.
L'ultima modifica è del 25 agosto 2014 alle ore 16:31.

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I visitatori crescono dell'8,6%, gli incassi di 4,5 punti percentuali ma non è dal numero di biglietti staccati che si misurano lo stato di salute e il grado di valorizzazione di un attrattore culturale. Pompei, sito archeologico meglio conosciuto e peggio conservato del mondo, al di là del dibattito sugli oltre 30 crolli verificatisi negli ultimi cinque anni e la spesa del Grande progetto da 105 milioni che procede a rilento, per l'hinterland napoletano si conferma la solita straordinaria occasione mancata (tra l'altro oggi, 24 agosto, ricorre il 1.935esimo anniversario della celeberrima eruzione del 79 d.C. che distrusse Pompei ed Ercolano).

Perché i flussi internazionali di visitatori, resi ancora più robusti dal successo della mostra dell'anno scorso al British Museum e del disaster movie hollywoodiano "Pompei", continuano a far ricadere pochi spiccioli sull'economia locale. Il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini di recente ha lodato le incoraggianti performance di biglietteria dei siti vesuviani: i visitatori, nei primi sette mesi di quest'anno, sono stati 1,79 milioni (+8,6%) mentre gli incassi sono saliti a 13,1 milioni (+4,5%). Anche Ferragosto è andato benissimo: nella sola giornata del 15 le biglietterie hanno contato oltre 13mila presenze, per un incasso di oltre 114mila euro. E siccome si trattava di un venerdì, porte aperte anche in notturna con 122 visitatori impegnati nei tour guidati previsti dal progetto. Tutto lascia insomma presagire che il 2014 si chiuderà con dati migliori del già eccezionale 2013, quando i turisti agli scavi furono 2,8 milioni (+5,9%), di cui 2,4 milioni solo nel sito principale, e gli introiti pari a 22,7 milioni (+6,6%). Eppure tra la città antica e quella moderna continua a esserci un muro ideale e i flussi turistici degli scavi attraversano solo di sfuggita l'area extra moenia. Che, d'altra parte, non avrebbe neanche strutture idonee ad accoglierli.

Secondo Maurizio Maddaloni, presidente della Camera di Commercio di Napoli e imprenditore del settore incoming «c'è un paradosso per cui gli scavi sono un attrattore unico con una notorietà assoluta, ma non riescono a generare una ricaduta economica e sociale stabile per il territorio». Finora non colta l'opportunità del progetto lanciato tre anni fa dall'Unione industriali di Napoli che vede in prima linea il presidente Ambrogio Prezioso per riqualificare l'area extra moenia degli scavi in chiave turistica. Investimenti privati che servirebbero a colmare quel gap di ricettività e offerta di servizi con cui chi viene a visitare gli scavi è chiamato, suo malgrado, a fare i conti. Contribuendo per giunta alla manutenzione del sito mediante il pagamento di una royalty. Invece Pompei continua a contare appena 1.100 posti letto. Il grosso dei turisti che arriva agli scavi è generato dai flussi crocieristici che fanno riferimento a Napoli: si parla di qualcosa come 3mila visitatori per attracco, con questi ultimi che, nelle giornate di punta, possono arrivare a sei. «Movimenti mordi e fuggi - secondo Ettore Cucari, presidente di Fiavet Campania - che non generano economia, se non per l'acquisto di una bottiglia d'acqua e qualche souvenir». Quanto al box office «dal primo luglio - secondo Raffaele Ercolano di Incoming Italia - contribuisce l'abolizione delle entrate gratuite per gli over 65 comunitari. Scelta che potrà anche essere condivisibile ma, lanciata così a metà stagione, ha finito soltanto per penalizzare gli operatori dell'incoming: i buyer tedeschi hanno imposto infatti alle nostre aziende di coprire i costi delle visite inizialmente non preventivati. Diverso sarebbe stato - conclude l'imprenditore - programmare oggi la variazione del tariffario e renderla effettiva dall'anno prossimo».
@MrPriscus

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