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Questo articolo è stato pubblicato il 29 agosto 2014 alle ore 22:14.

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Fare rete. È il mantra che ha riecheggiato ieri sera nel polo aeronautico di Forlì dove gli americani che guidano la cordata Aviacom hanno presentato la loro offerta per il rilancio del Ridolfi e dove si sono confrontati con politici e manager degli scali limitrofi sulle effettive possibilità di "fare sistema, senza concorrenza bensì valorizzando le vocazioni di ogni aeroporto", sono le parole del ministro Maurizio Lupi che dopo oltre dieci anni di chiacchiere anche la via Emilia pare voler finalmente fare sue.

Così, almeno, sembra pensarla il pragmatico Robert Halcombe di Sovereign group, colosso statunitense dei carburanti che ieri, pur senza parlare di cifre, è entrato nel dettaglio del progetto per la concessione trentennale di Forlì (unica offerta arrivata all'Enac che dovrebbe togliere il velo entro la prima decina di settembre). Progetto italo-americano (dentro ci sono anche la società di logistica foggiana Lotras e un impiantista aeroportuale anconetano) che va di pari passo con la proposta lanciata anche per Rimini. In questo caso quella di Halcombe è una delle quattro buste in lizza, su cui l'ente di aviazione romano "confidiamo decida entro settembre, anche perché a fine ottobre scade il mio mandato", sottolinea il curatore fallimentare di Aeradria, Renato Santini.
"Lo scalo di Forlì verrà specializzato nell'attività cargo, anche per merci di grandi dimensioni – spiega Halcombe – e poi bisogna riportare qui le compagnie di bandiera, sfruttando costi molto diversi dell'infrastruttura rispetto a Roma e a Milano", lasciando la partita del low cost a Bologna (pronta alla quotazione in Borsa a primavera) e a Rimini. E allungando lo sguardo fino a Falconara, dove l'aeroporto potrebbe trarre benefici da una gestione congiunta lungo la dorsale adriatica.
Non è una novità che a spingere per una stretta di mano tra Bologna, Forlì e Rimini sia stato ieri l'assessore regionale ai Trasporti Alfredo Peri, parlando alla tavola rotonda dell'Enav Academy. Lo è che a scendere in campo per un contratto di rete o altra forma collaborativa tra gli scali siano intervenuti formalmente gli imprenditori di Unindustria Rimini e che tutta la comunità romagnola stia facendo squadra e quadrato, anche in vista degli investimenti su scali e collegamenti stanziati dallo sblocca-Italia che torna oggi in Consiglio dei ministri.
"Al di là di tutti i buoni propositi di collaborare con il gigante bolognese e di ragionare in logica di sistema credo manchi la consapevolezza che gli scali sotto al milione di passeggeri non hanno la stazza per stare sul mercato e vanno sostenuti economicamente in quanto a servizio del territorio, senza sperare in un privato benefattore", rimarca Franco Rastelli, dg di Sogeap, la società di gestione del Verdi di Parma, unico aeroporto della via Emilia privatizzato già dal 2008 (è in mano all'austriaca Meinl Bank). "Con 200mila passeggeri noi siamo ancora in attivo, ma il 2014 sarà l'ultimo anno con i conti in ordine se non troviamo un investitore: dal 2008 perdiamo più di 4 milioni di euro ogni anno", spiega Rastelli. Scettico sulle reali chance che Halcombe voglia rispondere anche all'appello degli austriaci di liberarli dall'idrovora aeroportuale romagnola ("avremo sul tema un nuovo incontro a breve", precisa il dg del Verdi), ma realista quando dice: "Ben venga se si vogliono dare tutti gli aeroporti regionali in gestione a Bologna, ma vanno garantiti i servizi ai territori".

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