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Questo articolo è stato pubblicato il 03 settembre 2014 alle ore 11:41.
L'ultima modifica è del 03 settembre 2014 alle ore 12:40.

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Tra i grandi Paesi europei, la Germania ha un tasso di occupazione al 57,5% nel quarto trimestre 2014, in progresso dal 57,2% dello scorso anno e anche rispetto al 53,9% del 2008. La Francia è al 48% dal 47,8% del 2013 contro il 50% ante-crisi. La Spagna nell'ultimo scorcio del 2014 dovrebbe essere al 42,6%, in miglioramento dal 42,5% del 2013, ma con un secco arretramento dal 53,5% del 2007. Rispetto al totale della popolazione, il tasso di occupazione in Italia è al 56,4% (media Ocse 65,3%), con una discesa al 18% per i giovani 15-24 anni (dal 27,8% del 2000), mentre per i 25-54enni è del 68,5%, superiore al 68% del 2000 e tra i 54-64 si registra un balzo dal 27,7% del 2000 al 42,7% dello scorso anno, presumibilmente per effetto della riforma delle pensioni.

Ripresa occupazione nell'area Ocse resterà debole nel 2015
La disoccupazione resterà al di sopra dei livelli pre-crisi l'anno prossima nella maggior parte dei Paesi Ocse. Il tasso medio di disoccupazione nei prossimi 18 mesi scenderà dal 7,4% di metà 2014 al 7,1% atteso per fine 2015. Sono quasi 45 milioni di disoccupati dell'area Ocse, 12 milioni in più rispetto all'ante-crisi. «È una ferita aperta della crisi e uno disoccupato su tre è di lungo termine», ha sottolineato il direttore generale dell'Ocse Angel Gurria, soffermandosi anche sull'impatto della crisi sui salari, calati in media tra il 2% e il 5% in molti Paesi, in particolare in Grecia, Portogallo e Spagna e sui rischi di ulteriori riduzioni. «Per quanto i tagli dei salari abbiano contribuito a contenere le perdite occupazionali e a ridare competitività ai Paesi con grossi deficit, altri tagli potrebbero essere contro-producenti, non creerebbero lavoro e non spingerebbero la domanda», ha detto Gurria.

Italia 20esima nell'Ocse per salari, dietro anche alla Spagna
A proposito dei salari, l'Italia si colloca al 20esimo posto tra i Paesi Ocse, con una retribuzione media di 34.661 dollari a parità di potere d'acquisto, decisamente sotto la media dell'area che è di 43.772 dollari. Come emerge dall'Employment Outlook, i salari medi nella Penisola sono aumentati dello 0,5% nel 2013, dopo il calo dell'1,8% del 2012 e il costo unitario del lavoro è salito dello 0,1% dopo -0,4%. Ciò nonostante l'Italia ha salari medi inferiori anche alla Spagna dove sono pari a 34.824 dollari, pur essendo calati dello 0,6% nel 2013 e del 3,1% nel 2012. Le retribuzioni più elevate sono appannaggio degli Stati Uniti (56.350 dollari), davanti al Lussemburgo (56.000) e alla Svizzera (54.300). Tra i maggiori Paesi europei, la Germania è a quota 43.700 dollari, davanti al Regno Unito con 41.200 e alla Francia con 40.250 dollari. Salari sopra la media in Belgio (48mila dollari), Olanda (47.700) e Austria (45.200). Sopra i 40mila dollari i Paesi scandinavi, con una punta di 50mila in Norvegia. Retribuzioni contenute invece in Giappone (35.400 dollari). In Europa il Portogallo si ferma a 23.700 dollari, la Polonia a 22.700, la Grecia a 25.500, mentre la Slovenia arriva a 32mila.

«L'Italia approvi e renda presto operativo il Jobs Act»
«È importante che il "Jobs Act" sia approvato e reso operativo rapidamente, in modo da ridurre i costi di licenziamento e, in particolare, ridurre l'incertezza sull'esito dei licenziamenti economici», sottolinea l'Ocse nel profilo dell'Italia dell'Employment Outlook. In particolare, sui licenziamenti economici, «un'opzione sul tavolo consiste nella sostituzione (salvo nel caso di discriminazione) del diritto di reinserimento con un'indennita' crescente con l'anzianita' di servizio». Tuttavia, «tali nuove norme dovrebbero essere applicate allo stesso modo per l'interruzione di contratti permanenti e temporanei (anche se giunti a scadenza) come accade in Irlanda e nel Regno Unito». Infine - sottolinea l'Ocse - un maggiore sforzo deve esser fatto per avanzare nella direzione di una Aspi (indennità di disoccupazione) universale, come indicato nelle riforma del 2012 e rinforzato nel progetto di Jobs Act.

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