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Questo articolo è stato pubblicato il 19 settembre 2014 alle ore 10:07.

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Patto di ferro tra Sace e Dac, il distretto aerospaziale campano. L'accordo prevede il rafforzamento dei canali di comunicazione, formazione su iniziative commerciali mirate, assitenza assicurativo finanziaria alle piccole e medie imprese. Sace, che ha promosso l'iniziativa, si avvicina al Dac per approntare uno strumento di collaborazione con i distretti aerospaziali da eventualmente replicare. Si costruisce, insomma, una buona prassi a partire dalla Campania.

E dall'iniziativa, varata ieri con la firma a Napoli a Villa Pignatelli, si attende per le imprese campane nel medio periodo un significativo incremento del fatturato da export verso mercati trainanti.
Perché proprio il Dac? Il distretto campano oggi riunisce ben 140 soggetti, tra cui poche grandi e numerose piccole imprese o consorzi, oltre a una rete di ricerca di primo piano, con importanti strutture, tra cui il Cira (Centro di ricerche aerospaziali), e cinque Università. È il secondo in Italia per valore del fatturato (pari a 1,6 miliardi) e primo per numero di dipendenti (con 8.404 addetti). Esso esporta per un valore di circa 800 milioni, pari al 18% dell'export italiano.
«Consideriamo il Dac un modello vincente, capace di progettare soluzioni competitive a livello internazionale – chiarisce Simonetta Acri, direttore di Rete Italia di Sace – nonostante la congiuntura sfavorevole, la formula aggregativa e l'attenzione a innovazione e ricerca garantiscono intense relazioni commerciali con l'estero, grandi investimenti e una crescita continua di fatturato estero. Magari un'azienda del Dac fosse la prima a utilizzare i nuovi bond per le Pmi!».

«Il Distretto non nasce per occuparsi esclusivamente di gestire fondi pubblici – ha precisato il presidente, Luigi Carrino – ma per creare una forte rete di cooperazione. Il Dac ha agito su diversi fronti: ha avviato programmi di ricerca per l'adozione di nuove tecnologie, ha creato percorsi di formazione con la rete europea Eacp, il polo formativo NeA, oggi provvede anche a procurare ai propri soci strumenti di finanza ordinaria innovativa». Il Dac ha messo a punto uno studio di fattibilità fondato su 12 programmi che è stato approvato dal Miur con il massimo punteggio. I 12 programmi prevedono un investimento di circa 117 milioni da sviluppare in un triennio.

Puntuali le richieste presentate dalle imprese del Dac a Sace: «A Sace chiediamo chiarezza su tre punti – puntualizza Dario Scalella, presidente del consorzio Chain – procedure, tempi erogazione del finanziamento, valutazione delle tecnologie come garanzie».
«Scoprire che esistono possibilità di sostegno all'internazionalizzazione è entusiasmante – commenta Giovanni Squame, presidente del consorzio Ali (18 aziende) – La crisi si sente, e finora non abbiamo registrato segnali di attenzione al mondo della manifattura». «Anche all'estero – aggiunge Michelangelo Giuliani del consorzio Caltec – è importante proporre una logica di distretto». Per Luigi Iavarone: «Le pmi devono valorizzare le proprie competenze e portarle sul mercato internazionale indipendentemente dai grandi player. Ma hanno bisogno di una regia autorevole».

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