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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2014 alle ore 08:14.
L'ultima modifica è del 28 settembre 2014 alle ore 16:20.

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MILANO - Le indagini della procura di Milano si concentrano sempre di più sul ruolo del figlio dell'ex subcommissario di Expo, Antonio Acerbo, uno dei più stretti collaboratori del commissario unico Giuseppe Sala. Il manager si è dimesso due giorni fa dai vertici della società di gestione dell'evento universale – pur mantenendo il ruolo di responsabile dei lavori del Padiglione Italia - dopo aver ricevuto un avviso di garanzia per presunta turbativa d'asta e corruzione, relativamente all'appalto del terzo lotto delle "vie d'acqua", vinto dalla Maltauro con un'offerta di 40 milioni (e un ribasso d'asta del 23%).
Ora gli inquirenti si stanno concentrando su queste presunte «utilità» concesse all'ex subcommissario dall'azienda vicentina in cambio di informazioni segrete sulla gara. Ad oggi sembrerebbe poco realistica l'ipotesi che Acerbo abbia direttamente intascato denaro o beni. Sembra piuttosto che lo scambio sia stato effettuato per favorire il figlio Ilvo e la società di progettazione ingegneristica a lui intestata, che avrebbe così ottenuto dalla Maltauro almeno una consulenza da 30mila euro. Anche il figlio sarebbe quindi nel mirino della procura per presunto riciclaggio.
Di consulenze a favore del figlio Ilvo si parlava nel 2011, periodo compatibile con le indagini. Acerbo è stato infatti dal 2011 al 2013 presidente della commissione di gara delle "vie d'acqua" di Expo, di cui è stato anche responsabile unico del procedimento (Rup). Lo scambio potrebbe essere avvenuto dunque relativamente all'appalto in questione. Ma potrebbe avere a che fare anche con il ruolo che il manager svolgeva prima di entrare in Expo, come direttore generale del Comune di Milano o come direttore dei lavori pubblici sempre a Palazzo Marino, prima del 2011, per molti anni. Peraltro la consulenza finita nel mirino degli inquirenti riguarderebbe un progetto di riqualificazione urbanistica dell'area «ex scuderie De Montel», di proprietà del Comune di Milano, zona San Siro.
Gli inquirenti starebbero valutando più questioni. A Palazzo Marino erano già arrivate, peraltro, prima del 2011, delle segnalazioni (senza all'epoca riscontri rilevanti) intorno all'attività di direttore dei lavori che Acerbo aveva ricoperto per il rifacimento della stazione centrale, tra il 2005 e il 2008: si parlava di una commessa data ad una società dell'Est europeo, che anche questa volta poteva far capo al figlio Ilvo.
Torniamo all'Expo. I documenti che metterebbero in luce i rapporti ambigui tra Ilvo Acerbo e la Maltauro sono stati ritrovati dalla Gdf di Milano già lo scorso maggio, durante la prima fase dell'inchiesta su Expo e i grandi appalti della Lombardia, coordinato dal pool del procuratore Ilda Boccassini. In custodia cautelare finirono sette persone, tra cui l'ex responsabile dei progetti e degli appalti di Expo Angelo Paris.
Da lunedì i pm Claudio Gittardi e Antonio D'Alessio e la Gdf cominceranno ad analizzare tutto il materiale informatico sequestrato nelle perquisizioni di due giorni fa, tra Milano e Vicenza (sede della Maltauro). Ci sarebbero intanto altri indagati, probabilmente vicini all'azienda Maltauro. Infine ieri Giuseppe Asti, ad della società Tagliabue che faceva parte dell'Ati guidata dalla Maltauro, é stato interrogato dal pm.
I nodi del Padiglione Italia
La settimana prossima il commissario di Expo Giuseppe Sala e il presidente dell'Anac Raffaele Cantone si occuperanno di risolvere i problemi del Padiglione Italia. Nel mirino dell'Autorità anticorruzione è finito soprattutto l'Albero della vita, il monumento simbolo dello spazio espositivo italiano. Si tratta di un lavoro relativamente piccolo (circa 7 milioni), ma pieno di problemi: non sono state fatte le gare per il concept, né per la progettazione né per la realizzazione. Il concept è stato affidato a costo zero al consulente Marco Balich, poi pagato con le sponsorizzazioni private per altri affidamenti diretti. Nessuna concorrenza e poca chiarezza, secondo l'Anac, che entro la settimana prossima dovrà sciogliere le riserve. Peraltro il Padiglione Italia ha come Rup proprio Acerbo, e vista la fretta, i vertici di Expo hanno ritenuto opportuno fargli proseguire i lavori. Ma potrebbe essere trovata presto una nuova soluzione per uscire dall'impasse: affidare la scultura al commissario Sala, azzerando tutto quanto fatto finora, e ripartire con un progetto ridotto al minimo, messo ovviamente a gara. Scelta, questa, che quantomeno ridurrebbe l'attuale impatto negativo d'immagine, con una scultura senza gara e un responsabile indagato. I tempi intanto stringono, e il ridimensionamento ulteriore dell'opera (già dopo una prima semplificazione) sembra sempre più inevitabile.
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