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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2014 alle ore 06:38.

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Si fa presto a dire biotecnologie. Però poi se andiamo a chiedere «alla gente della strada che cosa sono le biotecnologie la maggior parte non lo sa», osserva Nathalie Moll, segretaria generale di EuropaBio. Così è soprattutto con lo scopo di spiegare che cosa sia il biotech che è nata la Settimana europea del biotech, sette giorni - dal 6 al 12 ottobre - interamente dedicati a raccontare le biotecnologie in tutta Europa, sul modello di quanto ha fatto il Canada una decina di anni fa.
Il presidente di Assobiotec Alessandro Sidoli parla della volontà di «portare le biotecnologie fuori dai laboratori, farle conoscere alla gente». In Italia, «paese dal potenziale altissimo», dice Moll, saranno coinvolte 31 città e ci saranno dibattiti (45), spettacoli teatrali, mostre fotografiche, play decide, laboratori (11), corsi di formazione. Attenzione particolare sarà dedicata ai giovani «che incuriositi potrebbero scegliere questo percorso in futuro», immagina Sidoli.
E magari si ritroverebbero in un settore con prospettive decisamente positive, come ha evidenziato l'ultimo rapporto Ernst & Young. Le imprese sono oggi 422 di cui 264 si occupano di pure biotech. Gli addetti alla ricerca e sviluppo sono 6.626, il fatturato è oltre 7 miliardi di euro, mentre gli investimenti in ricerca e sviluppo sono superiori a 1,5 miliardi di euro.
L'industria biotecnologica ha un rilievo strategico per il rilancio dell'occupazione e della competitività dell'industria italiana. In tutto impiega 55mila persone con un impatto sull'industria molto forte. «Ogni nuovo addetto nel settore biotech ne genera cinque nell'indotto, a fronte di 1,6 nei settori tradizionali», come spiega Sidoli. Che non perde l'occasione della settimana del biotech per ricordare che, anche per questo, «serve maggiore sostegno da parte del Governo e la definizione di un Piano strategico nazionale entro l'anno».
Assobiotec suggerisce almeno tre strade per rilanciare questo settore che in Italia sta crescendo molto più che in altri paesi e ha potenzialità altissime. La prima è l'introduzione di meccanismi di credito di imposta per le spese in ricerca e sviluppo certi, selettivi e stabili nel tempo. La seconda è la detassazione o riduzione degli utili derivanti dalla cessione di diritti di proprietà intellettuale. Infine c'è il riconoscimento alle imprese biotech dello status di impresa innovativa. In tutto questo l'associazione guidata da Sidoli è pronta a fare la sua parte e «a dare il proprio contributo per realizzare entro la fine dell'anno, nell'ambito della Presidenza italiana dell'Ue, un piano strategico nazionale per le biotecnologie e la bioeconomia, che già oggi vale in Europa duemila miliardi di euro e dà occupazione a 22 milioni di persone».
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