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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2014 alle ore 10:39.

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È scontro tra l'Autorità portuale di Taranto e la società Taranto container terminal (Tct) mentre scatta una nuova protesta dei lavoratori con presidio davanti alla sede dell'Authority. Quest'ultima, preoccupata dello stop operativo annunciato, a seguito dei lavori, da Tct e dalla compagnia Evergreen chiede che la stessa Tct mantenga una minima movimentazione di container anche durante la fase di cantiere e lancia una proposta con una serie di condizioni. Tct risponde a muso duro, contesta all'Authority ritardi e inadempienze sul mancato adeguamento dell'infrastruttura, e dice che oggi il terminal container non offre le condizioni funzionali richieste dal mercato e dalla concorrenza nella portualità, soprattutto nell'area del Mediterraneo. Adesso si vuole tentare con una mediazione tra Prefettura di Taranto e presidenza del Consiglio - che già in passato si è occupata del terminal - di mediare il conflitto e trovare una via d'uscita.
Tutto è partito nei giorni scorsi, quando Tct ha annunciato che, essendo prossimo l'avvio dell'intervento alla banchina, nel giro di un mese e mezzo avrebbe fermato il terminal, attivo tra alti e bassi (più i secondi che i primi) dal 2001. Contestualmente Evergreen - che con Hutchinson è azionista della stessa Tct - ha reso noto che da questa settimana il porto di Taranto esce dalle rotte oceaniche della compagnia perchè la compagnia adesso ha navi nuove il cui attracco richiede fondali più profondi che Taranto non ha (è previsto il loro dragaggio per portali a 16,50 metri). È così scattata una prima protesta dei sindacati che hanno indetto lo stato di agitazione del personale di Tct, poi sospeso perchè nel comitato portuale le parti hanno avanzato una proposta alla società del terminal. Oltre alla garanzia del mantenimento operativo, il comitato ha chiesto anche il ritorno del traffico a Taranto non appena le condizioni saranno migliorate.

La società del terminal: Taranto ci ha causato perdite pesanti Tct respinge l'offerta e dice che la fermata "è la logica conseguenza del mancato adempimento degli impegni presi dall'Autorità portuale". In particolare, Tct segnala che i lavori relativi alla banchina del molo polisettoriale segnano un "ritardo di almeno 20 mesi", cui si aggiunge la "mancata realizzazione delle opere marittime e infrastrutturali di competenza dell'Autorità portuale, previste sin dall'atto di concessione del 1998 e successivamente nell'accordo per lo sviluppo dei traffici containerizzati nel porto di Taranto". Ma il conto che fa Tct è anche più lungo: "A distanza di oltre 12 anni", si afferma, l'Autorità portuale "non ha ancora provveduto a mettere a disposizione di Tct l'intera banchina; non ha esteso in maniera adeguata la diga frangiflutti a protezione della banchina operativa; non ha eseguito il dragaggio a -15 metri". "Con nostra grande meraviglia - scrive Tct - si riscontra la richiesta di "garanzie" e si pongono "condizioni" alla società la quale, sino ad oggi, è l'unica parte che ha rispettato in toto gli obblighi presi e sottoscritti il 24 giugno 2012 con l'accordo in sede ministeriale. Non risulta - dice Tct - che l'Autorità portuale abbia adempiuto agli impegni a 12 e 24 mesi dalla data suddetta. Ad oggi l'Autorità portuale non è ancora in grado di fornire a Tct, e tantomeno alle altre parti firmatarie dell'accordo, un nuovo cronoprogramma complessivo delle opete infrastrutturali ed una data certa del completamento delle stesse".

Sul rientro del traffico transoceanico a Taranto, Tct evidenzia all'Authority che il terminal per essere "competitivo nel Mediterraneo deve indispensabilmente offrire fondali sufficientemente profondi per navi impiegate sui servizi di linea transoceanici. Per questo motivo - si afferma - è irricevibile la richiesta di far rientrare su Taranto un servizio di linea transoceanico quando lo scalo non può garantire una profondità maggiore a quella oggi disponibile". Tct infine denuncia di aver sopportato, in questi anni, "pesanti aggravi economici", di aver registrato "perdite di bilancio pesantissime che gli azionisti hanno sempre provveduto a coprire con versamento di capitali propri", e che questo ha causato "un gravissimo danno di immagine esteso anche al porto di Taranto, a causa della mancata realizzazione delle opere marittime e infrastrutturali previste sin dal 1998 nell'atto di concessione".Taranto container terminal, conclude la lettera all'Authority, "non è più in grado di garantire i servizi ai propri clienti".

"Non è certo la risposta che ci aspettavamo - dice Sergio Prete, presidente dell'Authority -. Nessuno disconosce i ritardi e i problemi, così come è noto che l'adeguamento della banchina del terminal sinora non è partito a causa dei contenziosi promossi dalle imprese. La nostra proposta ha un altro senso: costruire un percorso comune con Tct per gestire la fase transitoria dovuta al prossimo avvio delle opere. D'altra parte, abbiamo offerto il completamento dei primi 900 metri di banchina nei tempi dell'accordo richiamato da Tct, ovvero entro dicembre 2015. A questo punto penso sia necessario un nuovo passaggio a Palazzo Chigi tra tutte le parti firmatarie dell'intesa sul porto". "Aggiungere conflitto a conflitto non porta da nessuna parte - osserva Daniela Fumarola, segretario Cisl Taranto -. In prima battuta vogliamo quindi chiedere un tavolo ad hoc alla Prefettura e poi salvaguardare i lavoratori di Tct. La cassa integrazione scade a maggio prossimo e dobbiamo preoccuparci di prorogarla".

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