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Questo articolo è stato pubblicato il 26 settembre 2014 alle ore 06:38.

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MILANO
La crisi apre la forbice tra Nord e Centro-sud. Stavolta però è il Settentrione a soffrire di più rispetto. Le famiglie del Nord, abituate a un tenore di vita elevato, ora devono tirare la cinghia e fare spending review sulla spesa al supermercato.
Negli ultimi sei mesi dell'anno le vendite dei beni di largo consumo al Nord sono state decisamente peggiori rispetto al Centro Sud: secondo i dati di Iri, da marzo ad agosto le vendite hanno segnato, a valore, un -1,6% nel Nord e un più contenuto -0,7% nel Centro-sud. Il dato è confermato dal fatto che nel 73% delle province del Nord il giro d'affari della distribuzione moderna (compresi i discount) è calato contro il 48% del Centro-sud. Viceversa, solo il 27% delle province del Nord ha registrato una crescita delle vendite contro il più solido 52% del Centro-sud.
Finora eravamo abituati a un Sud sofferente a ogni refolo di vento e, normalmente, quando il Nord starnutiva il Sud aveva già la febbre alta. Nel largo consumo poi il Mezzogiorno arriva da anni di crisi, talmente profonda da aver indotto, per esempio, i francesi di Carrefour a cedere la rete (e rafforzarsi al Nord) e il gigante Coop a chiudere o rivedere le proprie strategie in Sicilia e in Campania.
Come si giustifica il ribaltamento dei trend? «La crisi ha colpito il cuore produttivo e l'area più ricca del nostro Paese - spiega Gianpaolo Costantino, consulente di Iri – e questo ora incide anche sui consumi delle famiglie». Perché solo ora? «In quattro anni di crisi acuta dei consumi - risponde Costantino - gli ammortizzatori sociali avevano permesso di tamponare una situazione difficile anche al Nord: il Sud soffriva ma il Nord resisteva. Ora la disoccupazione e l'erosione dei redditi ha raggiunto un livello tale da non poter più permettere di far finta di niente: i consumatori del Nord tagliano la spesa mentre il Sud sembra aver esaurito la caduta».
«Il fatto che il Nord abbia iniziato a soffrire - interviene Mauro Carbonetti, ad dei Magazzini Gabrielli (175 negozi nel Centro-Sud e 700 milioni di ricavi quest'anno) - non ci aiuta per niente. Le stesse regioni del Centro-sud hanno situazioni diverse ma, in generale, la domanda è molto debole dappertutto. Poi veniamo da un 2013 difficile e il confronto statistico ci "aiuta": nei fatti preoccupa il calo del carrello medio. E la ragione non sta solo nella discesa del prezzo medio innescata dalle promozioni ma anche dall'abilità delle famiglie di fare spending review sulla spesa».
Dalle rilevazioni di Iri, emerge che la debolezza della domanda al Nord si è manifestata in tutte le aree del largo consumo: nelle bevande le vendite, a valore, sono calate del 2,4% contro l'1,9% del Centro-sud; nei prodotti del freddo (surgelati, gelati) la flessione è stata del 2,9% contro il -1,8% del Centro-sud mentre nei prodotti freschi (formaggi, prosciutti e salami confezionati) a fronte di un calo dello 0,3% del Nord, il Centro-sud è cresciuto dello 0,2%.
Impressionante lo scivolone nell'ortofrutta: -6,7% contro il -4% del Centro-sud. Solo il cibo per animali unisce Nord e Sud del Paese: le vendite aumentano dell'1,9% al Nord e dello 0,9% al Centro-sud.
Secondo Iri, un'estate insolitamente fredda ha enfatizzato il divario tra le due aree del Paese, ma rimane il dato inconfutabile che il Nord non riesce più a mantenere il livello di vita che ha conosciuto per tanti anni. E anche le catene commerciali del Nord, se la domanda rimanesse debole e il rilancio dei consumi si facesse aspettare ancora a lungo, potrebbero iniziare a manifestare difficoltà crescenti.
@scarci
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