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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2014 alle ore 14:56.

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La crisi del sistema fieristico non è alle spalle ma per Franco Bianchi, segretario di Cfi Confindustria, la ripresa è già cominciata. Soprattutto per quanto riguarda le grandi fiere internazionali che si svolgono in Italia e che hanno ricominciato ad attirare espositori e visitatori stranieri. Molto resta da fare - ha spiegato Bianchi nel corso di un convegno organizzato a Torino da Geoprogress in vista di Expo 2015 - ma è importante aver invertito la tendenza negativa.

Così come sta forse accadendo anche per il turismo congressuale. Paolo Zona, past president di Federcongressi & Eventi, ricorda che il comparto ha perso oltre 5mila posti di lavoro, ma si incominciano a scorgere timidi segnali di ripresa. Si tratta ora di consolidarla, ma non è facile anche perché manca, in Italia, la capacità di far sistema. Manca la collaborazione tra pubblico e privato, manca una capacità politica che ha portato a due fallimenti nel tentativo di creare un Convention Bureau nazionale (ma ora, sotto la spinta privata, si sta ripartendo), manca però anche la voglia di far sistema tra privati. Bianchi ha sottolineato i difficili rapporti con i tour operator, ma anche le assurde regole che portano a prezzi eccessivi per il servizio dei taxi. Problemi risolvibili, ma servirebbe buona volontà che proprio non si vede.

In compenso Loredana Sarti (Aefi) ha smentito alcuni luoghi comuni duri a sparire. «Le Fiere - ha assicurato - in Italia non sono troppe: 926 di cui 194 internazionali e 280 nazionali. Con 200mila imprese coinvolte e 22 milioni di visitatori. Il 75% delle Pmi che partecipano, considerano la Fiera come l'unico metodo di promozione internazionale». E per Bianchi è preferibile che i piccoli puntino suille manifestazioni internazionali in Italia, piuttosto di spracre risorse per partecipare, occasionalmente, ad una fiera all'estero senza disporre delle capacità e delle conoscenze per essere stabilmente presenti su questi mercati. Meglio imparare a conoscere i mercati, attraverso manifestazioni e rapporti con think tank, prima di avventurarsi allo sbaraglio.

Quanto al turismo congressuale - un turismo “ricco” come quello fieristico, con una elevata capacità di spesa – l'esempio di come far sistema può arrivare da Rimini. Stefania Agostini (Rimini Convention Bureau) sottolinea come la città romagnola sia passata, nell'arco di qualche decennio, da 12 hotel aperti tutto l'anno agli attuali 400, con il sistena congressuale che può contare su 2,5 milioni di presenze all'anno e 300 milioni di euro di ricaduta sull'indotto. Ma anche Torino, secondo Marcella Gaspardone (Turismo Torino) sta facendo la sua parte, puntando su un mix di congressi di alto livello e la cultura offerta tutto l'anno dalla città.

Una indicazione che vale per chi, in molte località della Penisola, ritiene di poter destagionalizzare e rilanciare il turismo in crisi con la semplice apertura di una sala per congressi. Serve un'offerta complessiva – spiegano gli operatori - caratterizzata da professionalità legate ad ogni settore del congresso, ma serve anche una proposta attraente e continuativa da parte delle città e dei paesi che vogliono ospitare congressi.

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