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Questo articolo è stato pubblicato il 07 ottobre 2014 alle ore 06:38.

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TARANTO
L'Ilva va verso giorni decisivi. È infatti attesa in questa settimana la lettera con cui la cordata Arcelor Mittal-Marcegaglia lancia un nuovo segnale a proposito dell'acquisto dell'azienda dopo che ha visitato gli impianti di Taranto e ha in corso l'approfondimento di una serie di aspetti – da quelli industriali a quelli finanziari – attraverso gruppi di lavoro. E sempre in questa settimana si aspetta il verdetto della Corte di Cassazione che, esaminando nell'udienza di oggi il ricorso presentato dagli avvocati di una serie di imputati, dovrà stabilire se il processo per disastro ambientale ("Ambiente Svenduto") debba svolgersi o meno a Taranto. Sviluppi societari e giudiziari si incrociano quindi. Anche se per il futuro assetto dell'Ilva la partita non si chiuderà in questa settimana poiché ci vuole del tempo. Sebbene l'Ilva interessi a diversi gruppi siderurgici (oltre ad Arcelor Mittal, ci sono altri quattro soggetti, aveva detto nei giorni scorsi il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi), difatto i franco indiani di Arcelor Mittal, in tandem con Marcegaglia, starebbero consolidando la loro posizione di vantaggio. Mentre gli indiani di Jindal, che pure nelle scorse settimane hanno visitato i diversi siti dell'azienda, non hanno ancora dato ulteriori riscontri.
La lettera che potrebbero inviare a giorni Arcelor Mittal e Marcegaglia da un lato costituirebbe un ulteriore passo avanti – forse potrebbe anche contenere la garanzia di salvaguardia occupazionale chiesta dal Governo –, ma dall'altro non indicherebbe, per il momento, un'offerta economica in quanto ci sono variabili che necessitano di essere chiarite. La prima riguarda ciò che l'Ilva vende. Gli impianti dell'area a caldo dello stabilimento di Taranto sono sotto sequestro con facoltà d'uso e questo viene ritenuto dai potenziali acquirenti un ostacolo non da poco. A luglio del 2012 altiforni e acciaierie furono sequestrati dal gip Patrizia Todisco senza facoltà d'uso in quanto fonti di inquinamento. All'utilizzo da parte dell'azienda si è giunti solo a metà 2013, quando la Consulta ha giudicato costituzionale la prima legge sull'Ilva, la 231 del 2012, che autorizza la prosecuzione produttiva ai fini del risanamento ambientale. Il sequestro tuttavia resta, anche perché contro di esso il gruppo Riva, contrariamente agli altri casi, non ha mai fatto ricorso in Cassazione.
Altra variabile è quella del 17 ottobre quando il gip di Milano, Fabrizio D'Arcangelo, dovrà pronunciarsi sull'istanza del commissario dell'Ilva, Piero Gnudi, che ha chiesto di accedere alle somme (1,2 miliardi) sequestrati ai Riva per reati valutari e fiscali. Sono risorse che la legge finalizza all'aumento di capitale trasferendo il sequestro dalle somme liquide alle azioni. E sono anche risorse che fanno la differenza ai fini della valutazione dell'Ilva perché un conto è caricare il risanamento dello stabilimento sugli acquirenti (risanamento reso obbligatorio dalla legge e i costi dell'Aia sono stimati in 1,8 miliardi), altro è sapere che ci sono i mezzi della proprietà. I potenziali acquirenti, infatti, non solo hanno chiesto a governo e commissario di separare il pregresso dal futuro (e di qui l'ipotesi di bad company e new company), ma non ritengono di doversi caricare totalmente di interventi ambientali che dovevano essere fatti negli anni.
In quanto al processo, dalle decisioni della Cassazione si saprà se dal 16 ottobre in poi, data della nuova udienza, il dibattimento si terrà a Taranto oppure verrà spostato a Potenza. Gli avvocati delle società Riva Fire e Riva Forni elettrici, insieme ad una serie di imputati, fra cui Nicola e Fabio Riva, dicono che a Taranto non ci sono le condizioni per un giudizio sereno ed equilibrato e che i magistrati potrebbero essere condizionati da pressioni esterne. La Procura, dal canto suo, parla di istanza inammissibile. A Taranto il processo Ilva è formalmente cominciato a giugno ma non è ancora entrato nel vivo. Il gup Wilma Gilli dovrà decidere su 52 richieste di rinvio a giudizio.
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